Ci sono giorni in cui le ciance sul meteo troppo variabile degli anziani davanti al Bar Moderno sembrano racconti di Carver. Giorni in cui il vento soffia e ti sembra ci sia un concerto di archi all’angolo del bistrot, e il telaio che batte incessante sembra un ritmo tribale di world music fatta con Garageband. Sì, ci sono quei giorni, in cui tutto sembra musicale. Anche la pochezza ciarliera degli umarell che disquisiscono, a cappella, di metalmeccanica applicata sembra un folk rivisitato. L’inconsistenza delle soluzioni macroeconomiche del macellaio che le intervalla con sciabolate in levare su un ex tacchino sembrano un hip hop di protesta. E Tutto sembra ormai sottofondo musicale, anche l’odio e l’acredine e la grettezza, anche il sopruso, l’indifferenza, la tristezza.
Perchè viviamo in una cella mobile sonorizzata dentro e insonorizzata verso il fuori, distratti da tutto e attratti da nulla, in un brusio informe che ci condanna all’incomprensione.
Perchè viviamo in una cella mobile sonorizzata dentro e insonorizzata verso il fuori, distratti da tutto e attratti da nulla, in un brusio informe che ci condanna all’incomprensione.
Pause II