Manca un mese a quel fatidico 8 Dicembre in cui si celebreranno le (ennesime) Primarie del PD.
Per tutti gli istituti di ricerca Renzi è ampiamente favorito, e vincerà.
Il sindaco di Firenze però non è fatto per fare il segretario di partito, perché è un battitore libero adatto a corse in solitaria, un decisionista abituato a gestire l'autorità autonomamente o con una ristretta cerchia di collaboratori fidati e selezionati.
Il confronto con un partito che più pluralista non si può, con un movimento che ingloba decine e decine di sfumature di pensiero diverse e talvolta anche contraddittorie non fa per lui, che tra le sue doti non annovera certo quella della diplomazia (dote nella quale invece eccelle Enrico Letta).
Il confronto con un partito che più pluralista non si può, con un movimento che ingloba decine e decine di sfumature di pensiero diverse e talvolta anche contraddittorie non fa per lui, che tra le sue doti non annovera certo quella della diplomazia (dote nella quale invece eccelle Enrico Letta).
Ancora una volta, come ai tempi di Veltroni & Prodi, ci troviamo con un centro-sinistra che posiziona gli uomini giusti al posto sbagliato. Abbiamo il più democristiano (seppur competente, onesto, serio) dei suoi leader a Palazzo Chigi, dove a causa della situazione economica occorrerebbero scelte drastiche e innovative. Eppoi abbiamo (avremo) Matteo Renzi alla guida del partito, dove al contrario occorrerebbe un uomo in grado di fare da collante alle varie anime baldanzose che da sempre si muovono al suo interno.
Questa inversione di ruoli può portare giovamento al paese soltanto se si andrà presto alle elezioni e i ruoli si invertiranno, eventualmente sfruttando l'ottima immagine di Letta presso i governi dei paesi alleati sfruttando il buon Enrico come ministro degli Esteri, ad esempio.
Al contrario, se i due dovessero arrivare allo scontro, davvero si aprirebbero spazi pericolosissimi per le forze più deleterie, più demagogiche, più votate allo sfascio generale, privando l'Italia di una forza che, pur con tutti i suoi infiniti difetti, si è sempre caricata sulle proprie spalle il peso della responsabilità istituzionale.
Di positivo c'è comunque che assisteremo, nei prossimi mesi, ad un ulteriore sfoltimento di rami secchi nel primo (anzi, direi unico) partito italiano, ad un ringiovanimento che speriamo sarà sinonimo di rinnovamento, non solo nelle persone ma anche nei temi, e nell'approccio alla vita pubblica.
Anche in momenti in cui le risorse pubbliche sono ridotte al lumicino, la scelta su come investire queste poche risorse può fare la differenza, ed è per questo che occorre un uomo che abbia coraggio, trasparenza, che sappia andare per la sua strada senza sentire il bisogno di dare il classico contentino a tutti.
Renzi è l'uomo in grado di compiere queste scelte, di premere senza esitazioni l'acceleratore fino in fondo sulla strada della semplificazione, della digitalizzazione, della sburocratizzazione. Non ha, come affermano i suoi principali detrattori, il physique du rôle dello statista, ma è sufficientemente sfrontato da fregarsene dei commenti dell' establishment e andare dritto al punto: oggi la necessità per ripartire, per ritrovare crescita, e quindi posti di lavoro e ridistribuzione dei redditi, è quella di rompere corporativismi e privilegi, favorire la competitività delle aziende italiane senza per questo chiudersi in un provincialismo/nazionalismo anacronistico.
Gli stessi processi decisionali, da più parti segnalati come ostacolo alla governabilità del paese, possono trovare nell'affermazione del sindaco di Firenze una prospettiva di riforma che li renda finalmente funzionali, efficaci: dalla legge elettorale a doppio turno fino all'abolizione (o riforma) del senato.
Renzi rappresenta dunque l'unica vera possibilità di cambiamento per questo paese, non perché più capace di altri, non perché più colto o profondo (tutt'altro) ma perché la sua corsa verso il raggiungimento di questi obiettivi minimi dichiarati garantirebbe al paese l'unica vera scossa che le permetta di uscire da un torpore che appare insuperabile.
Per riuscire nella sua battaglia il sindaco ha necessariamente bisogno di un consenso ampio, che lo possa portare presto fino a Palazzo Chigi. La sua ambizione (da più parti ritenuta sfrenata) coincide con l'ambizione delle nuove generazioni di garantirsi un futuro dignitoso. Tutto ciò che si frapporrà a questa scalata, sarà un ostacolo al paese stesso.
Anche in momenti in cui le risorse pubbliche sono ridotte al lumicino, la scelta su come investire queste poche risorse può fare la differenza, ed è per questo che occorre un uomo che abbia coraggio, trasparenza, che sappia andare per la sua strada senza sentire il bisogno di dare il classico contentino a tutti.
Renzi è l'uomo in grado di compiere queste scelte, di premere senza esitazioni l'acceleratore fino in fondo sulla strada della semplificazione, della digitalizzazione, della sburocratizzazione. Non ha, come affermano i suoi principali detrattori, il physique du rôle dello statista, ma è sufficientemente sfrontato da fregarsene dei commenti dell' establishment e andare dritto al punto: oggi la necessità per ripartire, per ritrovare crescita, e quindi posti di lavoro e ridistribuzione dei redditi, è quella di rompere corporativismi e privilegi, favorire la competitività delle aziende italiane senza per questo chiudersi in un provincialismo/nazionalismo anacronistico.
Gli stessi processi decisionali, da più parti segnalati come ostacolo alla governabilità del paese, possono trovare nell'affermazione del sindaco di Firenze una prospettiva di riforma che li renda finalmente funzionali, efficaci: dalla legge elettorale a doppio turno fino all'abolizione (o riforma) del senato.
Renzi rappresenta dunque l'unica vera possibilità di cambiamento per questo paese, non perché più capace di altri, non perché più colto o profondo (tutt'altro) ma perché la sua corsa verso il raggiungimento di questi obiettivi minimi dichiarati garantirebbe al paese l'unica vera scossa che le permetta di uscire da un torpore che appare insuperabile.
Per riuscire nella sua battaglia il sindaco ha necessariamente bisogno di un consenso ampio, che lo possa portare presto fino a Palazzo Chigi. La sua ambizione (da più parti ritenuta sfrenata) coincide con l'ambizione delle nuove generazioni di garantirsi un futuro dignitoso. Tutto ciò che si frapporrà a questa scalata, sarà un ostacolo al paese stesso.