domenica 22 dicembre 2013

Le luci della centrale elettrica - "Quando tornerai dall'estero".


Ci sono canzoni, ci sono autori che al grande pubblico non arriveranno mai. Di più, sono del tutto avvolti da una nebbia che ne preclude la visibilità, la conoscibilità, la comprensione.

Un' ermeneutica impossibile
.

Magari quei 4-5 accordi di chitarra acustica arrivano pure, un bel giro LA-FA-LA accattivante, ma poi senti parlare di "eyeliner per andare in guerra", ti senti paragonare a degli "aironi che abitano vicino al campo nomadi", e cade ogni riferimento.
Citazionismo a cavallo tra il nostalgico e il sarcastico, per quella serenità popolare perduta e per quella stessa serenità popolare che si merita soltanto schiaffi, per quanto è deteriore.

Cantautore di una generazione smarrita, catastrofica nell'elaborazione di una benché minima prospettiva di futuro, Vasco Brondi è da considerarsi il poeta perfetto di questo tempo di crisi: crisi economica, di valori, di riferimenti, di strutture. La sua prosa è dunque una poesia derubricata; il suo è un amore tra disperati, come si conviene "ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici". Questa crisi di paradigmi ideologici, questo pessimismo liquido bagnano e aggrinziscono anche le più consolidate magnifiche sorti e progressive che albeggiavano nella terra natìa di Brondi, quell' Emilia ("paranoica") che pure fa risuonare ancora echi lontani dei tempi che furono ("partigiano portami via"). Ma, ahimè, ahilui, ahiloro, troppo lontani.

"Andremo ancora a letto vestiti, come ai tempi dei primi freddi e degli elenchi telefonici sui reni".
Di questo si tratta dunque: Vasco Brondi è il cantore della regressione, della decrescita, della generazione che per la prima volta è più povera di quella dei genitori. Il miracolo economico sempre sullo sfondo, sempre irrorato dai guru del marketing e delle Bibbie motivazionali ("proprio adesso che l'America è vicina") e che invece appare a questo famelico esercito di precari quanto di più irraggiungibile ("è come andare sulla luna in Fiat Uno").
Una poetica compiuta dunque, un sound semplice ma in continua evoluzione. Un altro grande prodotto di quest' Italia che ha arte sin dentro le viscere, eppure la ignora, la disconosce, la insulta, in un ormai prossimo Fahrenheit 451.


sabato 7 dicembre 2013

L' accolita dei rancorosi.

Accolita di rancorosi
gelosi, avvelenati, sospettosi
incazzosi dentro casa
compagnoni fuori strada
ci intendiam solo tra noi!

Quando, per qualche sventurato motivo, la mia attenzione è portata ad adagiarsi su questa esimia novità del panorama politico italiano, il Movimento 5 Stelle, mi risuona in mente costantemente, incessantemente questa strofa del maestro Vinicio Capossela.

Ho molti conoscenti che sono stati rapiti dalla soave melodia ideologica di questa nuova figura mitologica, mezzo comico mezzo content editor, e devo dire che un primo grande risultato è facilmente riscontrabile: persone completamente scevre di qualsiasi passione per la politica improvvisamente si scoprono analisti di spessore. E siccome la conoscenza è sempre fattore di crescita sociale, ben venga questa saggezza diffusa.
Persone oneste, lavoratori veri, che fino a poco tempo fa della politica non avevano bisogno, con il sopravvenire della crisi si scoprono bisognosi di aiuti, di riferimenti, oppure semplicemente di capri espiatori sui quali riversare tutto il proprio disappunto per una vita di sacrifici risucchiati dal buco nero dell' Infinita Tassazione Italiana.
Il M5S dà asilo politico a queste pulsioni comprensibili ma becere, sfrontate, eccessive nei toni e nei modi nei confronti del potere partitocratico. Visitate uno dei loro Forum: più la spari grossa più "mi piace" otterrai da utenti incazzosi in cerca di sfogo.
La rabbia acceca, e diventa operazione ai limiti del supereroismo riuscire ad imbastire un confronto dialettico sui contenuti con questi tori inferociti incitati alla corsa da un entrenador tutto votato alla contestazione aprioristica.

"E tutti i nostri no, dove vuoi che ci portino
e tutti nostri no, dove vuoi che ci portino"

Così si canta in un pezzo de "Le luci della centrale elettrica". Come dargli torto.
Dove possono portare tutti questi no, questi vaffa, questi "morti, zombie" ed epiteti vari?
Non porteranno che al lento disfacimento di un movimento che, puntando a cambiare tutto, non cambierà nulla, perché per cambiare davvero qualcosa occorre saper governare il consenso, occorre saper aggregare, mediare, occorre la tolleranza e la lungimiranza di chi non vede le proprie idee come assolutismi ma ha la forza di saperle sottoporre al confronto dialettico (parlamentare e non) e quindi imporle con la forza dei dati e degli argomenti.
Pensiamo un attimo al cavallo di battaglia del M5S, quello che gli ha fatto guadagnare le simpatie di gran parte dei lavoratori precari: il reddito minimo garantito. Grillo lo ha urlato da ogni palco, in ogni comizio. In parlamento però, per mesi e mesi, l'unico disegno di legge in tal senso presentato è stato quello del PD, che poi, in diverse amministrazioni locali lo ha reso realtà e adesso ha introdotto nella recente legge di stabilità una sperimentazione che punta a tradurlo davvero, in forme sostenibili, in legge. Le risorse vengono dalla tassazione straordinaria delle cosiddette "pensioni d'oro", introducendo quindi un meccanismo di equità veramente apprezzabile. Tuttavia, non sentirete nessuno di questi lanzichenecchi del confronto politico dire qualcosa in merito, perché la faziosità li domina come le peggiori espressioni della più bieca partitocrazia.
Si lamentano della stampa "nemica" (anzi creano vere e proprie liste di proscrizione) ma la loro informazione è meno obiettiva della Pravda ai tempi di Trotsky.

"E tutti i nostri no, dove vuoi che ci portino..."