Si nutrono d'ipocrisia, fingendo che la memoria storica sia flebile come la loro coerenza.
Sono i post-democristiani riorganizzati in partitini piccoli, postumi, decrepiti. Sorgono e risorgono continuamente, frutto delle clientele, degli opportunismi, dei posizionamenti tattici fini a se stessi.
Alfano, Casini, Formigoni, De Girolamo. Lista chilometrica di vecchie e nuove figure pubbliche dedite unicamente all'interesse privato.
La diatriba sulla legge elettorale ne è un esempio palese: questi conservatori immarcescibili riempiono la loro retorica quotidiana di vuoti slogan sulla "garanzia delle minoranze", cercando di nascondere (male) null'altro che una difesa barricadera delle proprie posizioni di potere.
Per funzionare, un paese ha bisogno di regole chiare, semplici e (quasi) definitive, che garantiscano governabilità più che rappresentanza, oggi. La rappresentanza può essere garantita e sviluppata all'interno di coalizioni dove il dibattito interno sia, più che tollerato, incentivato. Questa è la direzione che l'Italia avrebbe dovuto intraprendere già dopo il Referendum maggioritario radicale del '94. Oggi Renzi tenta nuovamente questa via, e si imbatte ovviamente nell'ostacolo di coloro che vedono come il fumo negli occhi la limitazione del peso dei piccoli partiti, così come l'abolizione del senato.
Ipocrisia a fiumi scroscia però anche nel PD, dove una sinistra che ha convissuto, contrattato, governato con Berlusconi per 20 anni, facendoci persino una Bicamerale insieme, adesso rifiuta qualsiasi contatto, ostentando una verginità perduta in realtà da oltre un lustro.
Qualsiasi legge che vada a modificare l'ordinamento, la struttura di un paese deve essere condivisa dal maggior numero di persone possibile. Purtroppo, il 30% degli italiani è rappresentato da un pregiudicato, ma tant'è, non ci si possono scegliere gli interlocutori, se questo passa il convento, con questo occorre dialogare.
Discutere di legge elettorale con QUESTO capo dell'opposizione è sinonimo di democrazia. Farci un governo insieme no.