Si dice di Pessoa: più che uno scrittore, fu un' intera letteratura.
Ed è proprio così: l'infinito riproporsi dell'autore portoghese all'attenzione degli appassionati è un loop inestinguibile causato proprio dal florilegio di personaggi, di caricature, di personalità che emergono dalla sua opera.
Eteronimia è dunque il vocabolo chiave, come ha spesso spiegato anche Antonio Tabucchi, vero e proprio eco di Pessoa nella contemporaneità.
"Mi sono moltiplicato per sentire,
per sentirmi, ho dovuto sentire tutti,
sono straripato, non ho fatto altro che traboccarmi,
e in ogni angolo della mia anima c'è un altare a un dio differente".
Un apparentemente insignificante impiegato di un'oscura azienda di Lisbona, con mansioni di traduttore, celibe e schivo, timidamente monarchico: questo era, appariva agli occhi (pochi) di chi lo frequentava. Un'anima debole, zoppa, tintinnante, sgorgata in 27.543 "files" ritrovati in un baule alcuni anni dopo la morte, che vanno a tratteggiare un Odissea di storie, un oceano di versi, aforismi, prose d'arte di valore inestimabile per la letteratura novecentesca.
Nel suo silenzio fecondo, Pessoa nascose dentro quel "baule pieno di gente" tutta un'antologia, capace di spaziare dal nichilismo cinico e acuto di Bernardo Soares al sublime sperimentalismo di Álvaro De Campos, fino al paganesimo autoconsunto di un novello Orazio, ovvero Ricardo Reis.
Nel suo silenzio fecondo, Pessoa nascose dentro quel "baule pieno di gente" tutta un'antologia, capace di spaziare dal nichilismo cinico e acuto di Bernardo Soares al sublime sperimentalismo di Álvaro De Campos, fino al paganesimo autoconsunto di un novello Orazio, ovvero Ricardo Reis.
Tuttavia, al di là dell'incontenibile furia genitrice di "autore in cerca di personaggi", quello che rimane di Pessoa è una lezione di psicanalisi collettiva che insegna la multiformità dell'IO (di ogni IO), la sostanziale essenza multilevel di ogni persona, la fertilità della contraddizione e talvolta perfino della finzione.
"L'enigma in persona", come lo definì Federico Barbosa, è ancor'oggi uno spunto di riflessione sull'uomo, sulle sue infinite possibilità, sulle sue infinite evoluzioni. Pessoa è lo spicchio di evoluzione della specie che alberga in ognuno di noi, è la mutevolezza del pensiero che ci ridisegna ogni giorno, è il dolore che scolpisce nuovi sentimenti con lo scorrere delle vicende nostre e di chi amiamo.
"Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente".
Minimo comune denominatore, se vogliamo trovarlo, di tutta la produzione eteronima di Pessoa è una certa inquietudine, quella strana sensazione, indefinibile, di non riuscire a possedere la vita davvero fino in fondo. Suona dunque in sottofondo una colonna sonora nostalgica e costante, un Fado irresistibile, che nessuno è riuscito a tradurre così bene in suoni&immagini come Wim Wenders in Lisbon Story.
Eppure, quello di Pessoa è, in ultima analisi, un inno alla libertà, una libertà figlia di una curiosità senza pregiudizi, in grado di spaziare dall'occultismo ai classici greci, dalla monarchia alla geografia. Una dedizione costante alla ricerca, un inarrestabile invito a trascendere se stessi.
Perché anche nell'oscurità di un ufficio senza finestre, possono filtrare i raggi di una creatività insopprimibile.
Perché anche nell'oscurità di un ufficio senza finestre, possono filtrare i raggi di una creatività insopprimibile.
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