Non è tanto il presunto blocco di fronte al campo nomadi di Torrevecchia, che nei fatti ha ostacolato l'ingresso a scuola dei bambini. Non sono neppure i vergognosi cori debordanti di odio e vigliaccheria.
No, non è questo che rende gran parte dei post-fascisti una masnada di perdigiorno inutili e insignificanti: è il fatto che questi rivoluzionari all'amatriciana poi nei fatti non ottengono mai niente di quello che si prefiggono, se non qualche tafferuglio di strada da hooligan fuori tempo.
Questi cantori della violenza "levatrice della storia" in realtà poi appena ne hanno possibilità si intruppano in qualche consiglio comunale o in qualche municipalizzata per godere del privilegio di un'antica amicizia con qualche vecchio missino incravattato. Quello che di loro si ricorda nelle storia repubblicana sono soltanto i miserrimi momenti in cui hanno fatto da stampella alla DC (vedi Governo Tambroni, 1960) o a Berlusconi, ovvero i momenti più bui e devastanti della democrazia in Italia. Sempre pronti a farsi efficientissime crocerossine che accorrono al capezzale del potentissimo impresentabile di turno, perché anche loro, a volte, tengono famiglia.
Però...
Però, quando si tratta di fare manifestazioni contro un campo rom, o contro un centro d'accoglienza, bé, allora sì che li puoi scorgere fieri e vigorosi con le loro bandiere nere e i loro tricolori un po' sbiaditi. Sono celeri, organizzati, scenografici. Sanno il fatto loro quando c'è da urlare in faccia a un 14enne con la gravissima colpa di essere figlio di un albanese, oppure quando c'è da chiedere di cacciare qualche pericoloso orfano 12enne, che magari ha perso i genitori durante una fuga da un paese in cui rischi la mutilazione solo per la tua religione.
Colpe...
Ce l'ho un po' con Dio, perché quando ha distribuito l'umanità, e la capacità di immedesimazione nel prossimo, ha escluso questi sfortunati esemplari di esseri viventi. Per questo, forse, non posso fare loro una colpa di essere, come diceva Pietro Nenni, forti coi deboli e deboli coi forti.