domenica 12 aprile 2020

Covidays

La formalità degli auguri non mi appartiene particolarmente. Non sono un ottimista fiducioso che rassicuri vacuamente il prossimo con un "andrà tutto bene". Non riesco neppure ad avere speranze fini a se stesse, se non rigidamente supportate da dati convincenti.
Eppure...qualcosa di positivo posso dirlo lo stesso. Vorrei dire che questa minaccia invisibile ha scavato dentro di noi lasciando emergere sicurezze nuove. Di fronte ad una minaccia spettrale e meschina, il calore della casa e del proprio nucleo ristretto di amori, il tempo trascorso anche solo a guardarsi annoiati su un divano é tornato ad essere una certezza
portante dell'esistenza. Ci siamo d'improvviso resi conto di quanto il vortice di appuntamenti, impegni, affari, situazioni dettate dalla dominazione dispotica del lavoro sulle nostre vite fosse precario. Torneremo a essere distratti, costretti e distrutti dagli impegni, ma forse rimarrà in noi per qualche tempo un sentimento di pienezza e di appartenenza che ci sosterrà nei duri tempi che si prospettano.
Vedremo tutto ciò che è digitale come un po' meno freddo e ricorderemo che questi servizi troppo moderni e lontani ci hanno invece tenuti uniti e vicini, e anche un piccolo piacere consegnato a domicilio è un grande sollievo non scontato.
Ritorneremo forse a restituire dignità e onore a tutte le attività di sostegno al prossimo, smetteremo di insudiciare la bontà chiamandola stupidamente buonismo, e forse ci convinceremo finalmente che investire nella ricerca e nella conoscenza alla lunga è non solo più utile ed etico, ma anche finanziariamente più proficuo che tagliare i servizi.
In politica, avremo forse qualche prova in più del fatto che gli "uomini forti" che basano la loro forza sulla demagogia e il populismo, nel momento in cui si devono prendere decisioni impopolari non sono così forti: sono invece di una debolezza assoluta (vedasi i disastri di Trump e Johnson).
Ci convinceremo finalmente che per decidere servono informazioni e conoscenze e competenze che non possono essere tutte immediatamente chiare alle vaste platee. Competenze che i politici non possono avere: devono andare a prenderle in prestito dove quelle conoscenze ci sono, umilmente. Saper chiedere, ascoltare e tradurre in pratica dovrà diventare un nuovo e fondamentale criterio di selezione della classe dirigente del paese.
Ci dovremo fidare di più e non discutere sempre tutto e tutti senza averne le skills e le informazioni.
Saremo costretti, a fidarci di più. Del vicino di cassa al supermarket, del dirimpettaio di scrivania, del corriere che porta le scatole e del runner che porta la pizza. Saremo costretti a fidarci per tornare a vivere in comunità, sapendo che dentro ognuno di noi può nascondersi un untore involontario. Dovremo tornare a praticare umanità e perdono in dosi massicce: perché siamo stati divisi abbastanza, e c'è bisogno adesso di abbracciarci di nuovo, uniti in una speranza di ripresa che non è né individuale né locale, né nazionale né continentale. È solo umana.