"L'amore e la violenza" è il nuovo, attesissimo album dei Baustelle.
Si tratta di un album spiazzante, apparentemente contraddittorio se valutato all'interno del percorso artistico del gruppo di Montepulciano.
Dopo un'escalation di complessità culminata nel bellissimo, radicale, sinfonico "Fantasma", l'impressione è quella di un tentativo di ritorno alle origini, a una forma canzone più semplice e diretta.
Uno degli aspetti che caratterizzano da sempre la scrittura di Bianconi è la capacità di tradurre in versi una weltanschauung in cui si intersecano alto e basso, raffinatezza e tetra ossessione, poesia e bieca pulsione. Proprio in questo ritorno al saliscendi narrativo tipico degli album degli esordi è da riscontrare la coerenza artistica di questo lavoro, il richiamo ai temi dell'adolescenza, il citazionismo a volte sopraffino a volte ironicamente naif ( cfr. l'intro "Sandokan" di "Basso e batteria").
Punti deboli e punti di forza: se sono da apprezzare le novità strumentali, gli inevitabili aggiornamenti synth apprezzati in "Amanda Lear", sono forse un po' più deboli i tentativi di sintesi esistenziale di alcuni brani ("La vita", "Lepidoptera"), interessanti più per le scelte melodiche che per lo sviluppo concettuale dei testi.
Rimane viva in definitiva l'appagante vertigine di confrontarsi con brani che affrontano temi sconosciuti e inaccessibili alla quasi totalità della produzione musicale contemporanea, forse per questo non ci si può perdere troppo nelle critiche a un gruppo che riesce a miscelare Foster Wallace o Houellebecq in un contesto storico, e artistico, schiavo della dittatura nullificante (estetica anestetica) dei social media (anche questo, peraltro, tema ricorrente dell'album).
Rimane viva in definitiva l'appagante vertigine di confrontarsi con brani che affrontano temi sconosciuti e inaccessibili alla quasi totalità della produzione musicale contemporanea, forse per questo non ci si può perdere troppo nelle critiche a un gruppo che riesce a miscelare Foster Wallace o Houellebecq in un contesto storico, e artistico, schiavo della dittatura nullificante (estetica anestetica) dei social media (anche questo, peraltro, tema ricorrente dell'album).
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