lunedì 26 maggio 2014

Un uomo solo al comando.


Ci sono varie spiegazioni sul risultato straordinario del PD e del suo leader Matteo Renzi in queste elezioni europee 2014.
Poche sono, o dovrebbero essere, invece, le conseguenze del voto, che un paese e un ceto politico serio dovrebbero considerare nella sua essenza: un voto per il parlamento europeo che non può influire se non in termini di "termometro politico" sulla situazione interna.

Prima di tutto però occorre definire bene i connotati statistici di questo trionfo:
1) si tratta del risultato più alto ottenuto dal centrosinistra nella storia della Repubblica italiana;
2) è il risultato più alto tra i partiti di centrosinistra in europa;
3) si prospetterebbe il risultato più alto per un partito italiano dal 1958;
4) A Milano, il polmone economico d'Italia, il PD ottiene quasi il 45%, risultato mai ottenuto da nessuno. 

Quest'ultimo dato in particolare spiega meglio di ogni altro come il consenso all'azione di governo sia stato trasversale, travalicando il tradizionale bacino d'utenza del PD (dipendenti pubblici, pensionati).

"O noi o loro".
I motivi di questa affermazione sono abbastanza chiari, a mio avviso. La polarizzazione del voto, voluto da Grillo ("o noi o loro") ma anche da Berlusconi ("è un referendum sul governo") ha fatto sì che la maggioranza degli elettori italiani, che è storicamente moderata, ha individuato in Renzi l'unica possibile ancora di salvezza. In sostanza l'aggressività di Grillo ha spinto i moderati, e buona parte dell'elettorato cattolico, tra le braccia di Renzi.
Il risultato è dunque il frutto delle doti incontrovertibili da cavallo di razza di Renzi nella campagna elettorale, ma anche dell'eccesso di personalizzazione che, in maniera suicida, hanno voluto gli altri due contendenti.
In una situazione che a livello europeo ha visto quasi tutti i partiti di governo arretrare vistosamente, un PD che ottiene questo risultato racconta un'Italia desiderosa di un minimo di stabilità, di ricambio moderato, di riforme ma non di rivoluzioni al buio. Era prevedibile.Da provinciali quali siamo abbiamo caricato di significati nazionali un voto che era extra-nazionale: con questo errore grossolano i contendenti del premier, in un contesto europeo dove in realtà i social-democratici hanno ottenuto un risultato non in linea con le aspettative, hanno trasformato il voto in un boomerang micidiale. Adesso infatti il PD avrà buon gioco ad imporre le proprie linee-guida al governo, e Renzi potrà mettere a tacere tutti coloro che gli rinfacciavano di non avere la legittimazione popolare per dettare il suo crono-programma serrato di riforme costituzionali.

"L'Europa cambia verso".
Due sono gli aspetti su cui riporre l'attenzione rispetto al voto europeo. Il primo è il grande peso che l'Italia e il PD acquisiscono all'interno del PSE, dove viene acquisita una leadership continentale che inevitabilmente comporterà una discussione interna simile a quella già avvenuta in Italia: la socialdemocrazia tradizionale si troverà a confrontarsi con quei principi liberaldemocratici che connotano attualmente l'azione del pd renziano.
Dal momento che l'ormai famigerata "austerity" ha visto come principale sostenitore il PPE ma senza particolari ostruzionismi del PSE, la speranza è quella che in un eventuale governo di coalizione a livello europeo le istanze anti-rigoriste di Renzi possano avere ascolto visto che si tratta della più importante affermazione, in termini numerici, tra i partiti di governo europei.
Da non sottovalutare poi l'eco, almeno in termini di entusiasmo ma anche di peso politico, che il risultato può avere nell'ottica del futuro semestre di presidenza italiana dell'europa, ormai alle porte.
Il secondo aspetto da studiare adeguatamente è quello del grande balzo in avanti, dello sdoganamento che le politiche anti-europeiste hanno permesso alle destre nazionaliste e post-fasciste.
L'Italia si è salvata da questa deriva anche grazie alla forza del M5S che ha attirato su di sé parte di questo elettorato, che è comunque presente e in crescita come dimostra l'affermazione della Lega.
Se le istituzioni europee producono così tanto odio e così poca fiducia, è bene che chi guiderà la commissione nei prossimi anni ne tenga conto e si avvii verso una riforma radicale sia del rapporto con i cittadini (e con i media) sia di una burocrazia ritenuta dai più nefasta e deleteria.

"In basso a sinistra".
La sinistra in quanto tale si attesta ormai sul 4-5%. Tsipras, che pure è apparso in questa campagna elettorale come uno dei pochi protagonisti credibili, anche se solo in termini contenutistici, della contesa, pur aggregando tutta l'area non è andato oltre il minimo sindacale (4,03%) che gli consentisse l'approdo al parlamento europeo. Dato questo che fa comprendere come per quest'area non ci sia più margine per battaglie in solitaria. La battaglia per imporre certi valori, se vuol essere davvero traducibile in realtà, ovvero in provvedimenti e leggi, va fatta all'interno del PD che si presenta ormai come un contenitore aperto che, grazie alle primarie, può permettere a chiunque di giocare le proprie carte, anche agli outsiders.

"In alto a destra"
.
Il centrodestra italiano conferma di essere forza maggioritaria nel paese, nonostante l'anomalia berlusconiana sia ormai, e aggiungiamo finalmente, giunta al tramonto. La somma dei risultati di Forza Italia, NCD, Fratelli d'Italia e Lega dimostra ancora una volta come sia orientato il corpo elettorale italiano, e come sia facilmente recuperabile visto anche l'alto astensionismo. Questo è un dato da non trascurare, nell'ottica di un futuro bipolarismo moderno, di una democrazia dell'alternanza funzionante e compiuta.

Non resta dunque che augurarsi che Renzi sappia trarre giovamento da questo fragoroso investimento popolare procedendo spedito verso la tanto sbandierata opera di riforma e rinnovamento totale, che vada dalla pubblica amministrazione alla costituzione all'economia, incurante dei numerosi ostacoli ma attento alle istanze di tutti, specie di chi, a causa della crisi, è rimasto un po' più indietro.

sabato 24 maggio 2014

Tesa attesa

Non ho bisogno di viaggiare: sono già lì.
Lì con te, con i tuoi fratelli di giochi, le tue mamy gentili. L'attesa è pensiero, è immedesimazione, è viaggio da fermi, ed io sto viaggiando da tempo.

Il cielo non lo sa
che ci struggiamo più delle nuvole
in un azzurro interinale.

Sono le nuvole il legame più forte che abbiamo, adesso. Salirei sopra ogni nuvola che sorvola casa mia (mi casa es tu casa) e come nei cartoni animati mi farei trasportare, come fosse un tappeto volante, direttamente da te.
Ti immagino guardare il cielo come lo guardo io, ogni tanto, ti immagino isolarti dal mondo ed osservare lo struggersi delle nuvole, il loro correre, il loro mutare. Anche per te il futuro è una nuvola, cangiante, fuggevole: ma dietro lo sai, che si nasconde un sole infinito. Siamo sole dell'avvenire, l'uno per l'altro.

C'è uno stormo d'aquiloni
nel tempo che ci sorvola gl' animi
in questa lunga intermittenza
di silenzio e di speranza.

Abbiamo sperimentato miliardi di cambi d'umore, abbiamo nutrito il pessimismo e l'ottimismo con minuscole briciole di notizie che altri hanno lasciato sul nostro cammino. Siamo due palestrati dell'attesa, io e te, e questo ci ha resi più forti, non dobbiamo dimenticarlo mai. Nell'attesa ci siamo allenati a qualsiasi evenienza, abbiamo percorso sentieri ardui senza mai fermarci. Siamo sherpa della pazienza e della speranza e ci stiamo arrampicando lentamente sulla vetta.
Forse hai amici più grandi che ti hanno chiuso in un angolo, forse ti sei sentito così solo da affezionarti a quel maialino di pezza come fosse il tuo parente più stretto.
Potrai portare tutto questo con te, e tutto questo sarà la parte di te che amerò di più. Potrai portare silenzi lunghi come una notte polare e saranno per me pezzi di hard rock incandescente.

Siamo un duetto d'anime,
siamo una trasfusione di rime,
di attese, di lacrime;
siamo sogni arsi,
una culla con intarsi
scolpiti nella notte
ascoltando le lancette
della sveglia avvicinarci.

domenica 11 maggio 2014

Essere Capitano: Javier Zanetti.

Nei giorni delle magliette che chiedono libertà per gli assassini, delle bombe carta e delle pistole, dei covi di tifosi fascisti, dei politici che speculano sul dolore per una manciata di voti in più, ci voleva.
Sì, ci voleva proprio l'epica giornata dell'addio del capitano nerazzurro, perché riporta il calcio alla sua dimensione più bella: quella romanzesca, letteraria, eroica.
La carriera di Zanetti ricorda a giovani e meno giovani l'esistenza di valori ormai dispersi, il suo esempio rasserena le mamme crucciate per le smanie pallonare dei figli, e offre l'assist ai buoni padri di famiglia per riportare in campo l'importanza del sacrificio, della serietà, della correttezza con i propri ragazzi.

Javier Aldemar Zanetti, origini friulane e tempra operaia, è un uomo dai record “normali”, record cioè che non si basano sul talento cristallino o sul genio mirabolante. I suoi sono i record della dedizione, della professionalità, del rispetto degli avversari:

  • 857 presenze con la maglia nerazzurra (record assoluto);
  • 613 partite in serie A, che lo rendono il giocatore straniero con più presenze nella storia del nostro campionato;
  • la media inimmaginabile (diluita in 19 anni) di 32.3 partite a stagione giocate;
  • un totale di 1112 partite giocate in assoluto (5° di ogni tempo a livello mondiale);
  • 162 partite consecutive giocate con la casacca del Biscione;
  • 82 partite giocate in Champions League con la fascia di capitano (record assoluto);
  • 145 presenze con la nazionale argentina, che lo rendono il giocatore con il maggior numero di presenze nella storia di questa nazionale.
Non cito volontariamente i record di Zanetti che riguardano i trofei vinti, perché le vittorie, di fronte ad un uomo così, contano pochissimo. Zanetti ha vissuto anni di sconfitte, drammi sportivi non indifferenti (il tristissimo "5 Maggio"), gli anni delle inchieste giudiziarie e di Calciopoli, passando poi agli scudetti in serie e al celeberrimo "triplete" al fianco di Mourinho: tutto questo mantenendo sempre inalterato lo stesso atteggiamento, la stessa dedizione, lo stesso spirito.
Quelli che contano davvero, che meriterebbero di essere raccontati uno per uno invece sono i record ottenuti dalla fondazione creata insieme alla moglie Paula, la “Fondazione Pupi”: tantissimi progetti che hanno garantito nutrizione, pari opportunità, formazione a migliaia di bambini in Argentina.

Poi c'è quel dato che, pur non essendo record, ne racconta perfettamente le qualità umane:
  • 1 sola espulsione in 19 anni di serie A, per una scivolata sul campo bagnato di Udine.
L'ultimo record racconta di un bruttissimo infortunio, la rottura del tendine d' achille subita alla non tenera età di 39 anni. Ebbene, anche in questo caso l'abnegazione, la forza di volontà, l'amore per questo sport e per l'appartenenza ai colori nerazzurri lo hanno riportato in campo. Un'altra storia da raccontare ai giovani, un' altra parabola da raccontare a chi si trova in un momento di difficoltà.

Ecco, tutto questo è stato ed è Javier Zanetti, “El Tractor”: esempio di vita.