domenica 28 ottobre 2012

Il Boemo


Fuma.
Fuma e pensa, poi parla. Parla piano piano, quasi sottovoce, ma dice molto; quasi sembra che urli, da quanto è forte ciò che dice.
Il Boemo de Roma è uno cui i genitori non hanno spiegato il significato della parola compromesso, è uno che se a scuola avessero fatto il compito di diplomazia sarebbe stato retrocesso...ehm bocciato.
Lui non retrocede però, mai. Sempre avanti, nella tattica come nella dialettica; un po' meno in classifica, in certe annate.
Nella sua storia ha vinto tanto e perso altrettanto, il pareggio non gli piace, è per questo che attacca sempre, attacca senza pensare alle conseguenze di questo attaccare furibondo, diretto, inconsueto.
C'è chi ha capito come attacca, e allora lo prende d'infilata e lo punisce.

La tattica è metafora della vita, Zeman non gioca con il 4-3-3, lui VIVE di 4-3-3.
Ci ha spiegato negli anni che il calcio non è business, non è intrattenimento, è drammaturgia inscenata in un' arena colma di spettatori e telecamere. Zeman è Shakespeare per i lettori dei giornaletti pallonari, ai quali dispensa emozioni d'ogni genere: gioia, disperazione, amore, odio, rabbia, vendetta-giustizia-punizione.
Il proselita zemaniano tocca con un dito il cielo della sublimazione calcistica dopo l'ennesima verticalizzazione improvvisa, poi mangia la polvere per uno sciagurato contropiede all' 88° in cui la difesa a 2 viene bucata dal goffo centravanti di turno.
Zeman è martire e martirio per i suoi tifosi, capro espiatorio per i dirigenti, bersaglio facile facile per i tiratori di freccette della stampa.
Il più criticato dai businessmen incravattati prestati alle S.p.a. del pallone, il più incensato dai tifosi con barba ispida e la laurea in lettere.

Un giorno non allenerà più. Non lo vedremo più fumare piano, parlare piano, criticare forte, attaccare forte. Piano...forte, piano...forte. Il saliscendi finirà. Finiranno le verticalizzazioni e i fuorigioco a centrocampo.
Nel mondo del calcio ci sarà un po' più di noia.

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