lunedì 21 ottobre 2013

Bibbia dubbia.

É questa la mia bibbia piccolina, di sillabe storte e secche come un ramo, di parole che si danno ma che non si chiedono. Una bibbia che non apre mondi, che non cela formule e che dischiude, al massimo, divina indifferenza.

Una bibbiarella di malinconie sussurrate con gli ossimori, dove gli enigmi della vita hanno il sapore dolce-amaro d'un dissenso appena borbottato, d'un falò rimasto fuocherello.
Sparir non so dalla lettura intermittente, ma costante, di questa raccolta di voli, ché di questo si tratta: voli obliqui sull'animo umano, sulle sue debolezze, le sue strutture di cemento che si sgretolano come quegli orrendi castelli di sabbia tumefatti che sprigionavo sulle spiagge Cecinesi.
E tra i granelli immiliardati di parole e rime mozze, trovo la mia pace imperfetta, un inquieto silenzio che rasserena più di una carezza.
Era umile EuGenio, un buon genio dai modi gentili e dai tratti socratici: so di non sapere, ma so anche che tu non sai di non sapere. L'umiltà si tramuta qua e là in irrisione, talvolta si erge a fustigazione di scontate imposizioni di una società talmente piena (di sé) da apparirgli vuota. Perdonava però, perché sapeva, che dalla polvere veniamo e in polvere ritorneremo, perché siamo tutti indistintamente tremolanti nel mezzo della bufera, e perché siamo sangue ch'è destinato a seccare.


Non chieggo si ponga su questa
mia tomba epitaffio gentile.
A dirvi soltanto mi resta:
fui uomo, fui vile.

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