domenica 9 settembre 2018

Press play on tape

Ci sono giorni in cui le ciance sul meteo troppo variabile degli anziani davanti al Bar Moderno sembrano racconti di Carver. Giorni in cui il vento soffia e ti sembra ci sia un concerto di archi all’angolo del bistrot, e il telaio che batte incessante sembra un ritmo tribale di world music fatta con Garageband. Sì, ci sono quei giorni, in cui tutto sembra musicale. Anche la pochezza ciarliera degli umarell che disquisiscono, a cappella, di metalmeccanica applicata sembra un folk rivisitato. L’inconsistenza delle soluzioni macroeconomiche del macellaio che le intervalla con sciabolate in levare su un ex tacchino sembrano un hip hop di protesta. E Tutto sembra ormai sottofondo musicale, anche l’odio e l’acredine e la grettezza, anche il sopruso, l’indifferenza, la tristezza.
Perchè viviamo in una cella mobile sonorizzata dentro e insonorizzata verso il fuori, distratti da tutto e attratti da nulla, in un brusio informe che ci condanna all’incomprensione.
Pause II

sabato 25 agosto 2018

Quando governa la paura

Quando governa la paura, prima o poi i diritti civili e le libertà si restringono.
Quando governa la paura, germoglia l'odio,  la fiducia nel prossimo svanisce, e l'economia si deprime proporzionalmente.
Quando governa la paura, fioccano nemici, e tutti possono diventare bersagli (purché siano una minoranza di qualunque genere).
Quando governa la paura la violenza aumenta,  non diminuisce, e la sicurezza rimane un'utopia,  perché chi delinque non smette di farlo per qualche legge (o tweet) in piú del ministro degli interni di turno.
Quando governa la paura, la società si ingrigisce,  la creatività ha timore ad esprimersi e l'omologazione diventa un rifugio.
Quando governa la paura, la conoscenza,  la cultura, la bellezza diventano superflue, e pericolose per chi governa.
Quando governa la paura, il cielo è più triste. 

martedì 7 agosto 2018

Giallogretto

La grettezza è il tratto distintivo di questo nuovo governo, che inneggia alla rivoluzione (in CAPS LOCK)  ma puzza insopportabilmente di reazione.
Frottole insostenibili,  balle spaziali sparate in campagna elettorale per accaparrarsi il sostegno delle masse ululanti ne configuravano i programmi: al limite della circonvenzione d'incapace. L'azione di governo se possibile è ancor più invereconda degli slogan elettorali: un coro di demagogiche trovate,  dai vitalizi aboliti che erano già stati aboliti ai porti chiusi che non sono chiusi, vengono urlati al mondo con l'unico intento di distrarre da quelle promesse non mantenute. Tanto quella parte di elettorato dimentica velocissimamente e perdona ancor più facilmente.
Il governo giallogretto ha come obiettivo la distruzione di due capisaldi delle democrazie progressiste : la cultura e l'altruismo. Per questo ha nell' homo homini lupus che propaganda incessantemente sui social network il suo piede di porco per scalzare da (quasi)  tutte le coscienze quel residuo di buonsenso che è rimasto in circolo. Il governo giallogretto è a completa disposizione dei mediocri per permettere loro di dimostrare che siamo tutti uguali, e che gli intellettuali, o i buoni di cuore,  sono solo dei perdenti da mettere all'angolo. E che quindi essere egoisti,  cinici, menefreghisti,  insensibili e ignoranti è cosa buona e giusta,  non c'è di che vergognarsene. 
È inevitabile: se il non-pensiero del governo giallogretto trionfa, sprofonda l'umanità.

sabato 30 giugno 2018

Tanto rumore per nulla


Le barricate di Salvini agli occhi e per voce della propaganda hanno prodotto al Consiglio Europeo un successo totale sul tema della gestione dei flussi migratori.
Nella realtà le richieste italiane,  in parte effettivamente accolte dagli altri governi,  produrranno un effetto contrario.
In cambio dell'apertura di hot spot in altri paesi europei quali Francia e Spagna (ma le navi devono arrivarci...) e nei paesi d'origine (ma tali paesi devono accettarne l'insediamento, e non è per niente scontato) si accetta una redistribuzione dei migranti su base volontaria. Vince dunque la linea del patto di Visegrad: il che equivale a dire che chi non li vuole, non li prende. La vittoria del diritto all'egoismo sull'obbligo morale della solidarietà produrrà ulteriore e ancora più esacerbata contrapposizione tra i vari paesi, nel medio-lungo periodo. Con l'italia che rimane però il primo grande paese d'approdo : perché la geografia non si cambia nè con i trattati né con la propaganda su facebook.
L'Italia ha bisogno di un approccio solidale al tema dell'immigrazione, come si è visto con la vicenda dell'Acquarius risolta grazie al buon cuore dei socialisti spagnoli. Eppure, abbiamo deciso di fare asse con il fronte dell'egoismo, del cinismo, della chiusura politica oltre che mentale. L'Italia va a braccetto con i neo-protezionisti, dimenticando la propria costitutiva genetica di paese esportatore, di tutto e in tutto.
I precedenti governi stavano portando avanti una linea trattativista che intendeva obbligare tutti i paesi ad una redistribuzione equa e condivisa. Questa pazienza e questa capacità di mediazione il governo populista non ce l'ha,  perché i tavoli tecnici d'interlocuzione non sono riproducibili in post su twitter con 3 punti esclamativi. E allora ecco servito il finto successo che cela una sconfitta grottesca, ma di cui in pochi si accorgono. Per ora.

giovedì 24 maggio 2018

Antisocial Networks

Sono entrato con l'entusiasmo di un bambino di fronte ai cancelli di Gardaland nell'era digitale e dei social network.
Non che la parola social mi abbia mai più di tanto solleticato, ma mi appariva come un qualcosa di innovativo, di definitivamente innovativo, qualcosa che avrebbe potuto migliorare la vita delle persone, un bel ponte verso il futuro che non potevo esimermi dal percorrere.
All'inizio è stato così, ma poi è successo che è diventato di massa, e ho scoperto che dall'altra parte del ponte c'era Mefistofele che accoglieva tutti a bracca aperte.
Il problema di questa deriva orrenda non è il mezzo di per sé, il problema è la massificazione.
Come ogni corrente letteraria che poi cede alla tentazione del commercio e diventa insignificante; come ogni musicista ispirato che quando inizia a scrivere pensando a compiacere un pubblico più vasto lo perde totalmente, quel fuoco sacro dell'ispirazione.
Così i social network hanno smesso ad un certo punto di essere un interconnessione di saperi, di esternazione di bellezza o di idee, ma sono divenuti la pattumiera di tutte le peggiori bassezze dell'umanità. Una volta che tutte le peggiori pulsioni e i più deteriori istinti sono stati sdoganati, e sono stati anzi incentivati ad essere raccontati con estrema semplicità e immediatezza, ecco che sono calate le tenebre.
Il grande psicodramma collettivo però risiede nel fatto che l'attendibilità dell'informazione adesso è moribonda. La verifica delle fonti, la citazione scrupolosa dei dati, la redazione puntigliosa di un articolo non paga più, perché se scrivi troppo forbito passi per uno snob, per un radical chic, o addirittura per uno che mangia alle spalle dei lavoratori. Quelli invece che scrivono in 23 minuti un articolo che si basa unicamente su qualche riga copincollata qua e là in rete, ma con un bel titolo allusivo a chissà quale scoperta rivoluzionaria, vengono premiati grazie al meccanismo delle visualizzazioni. Più la spari grossa, più guadagni.
L'odio fa audience e genera traffico, mentre la generosità, il buonsenso, l'altruismo invece sono fuori moda in un tempo in cui indignarsi è mainstream. Ecco così che niente è così' antisociale quanto i social network, un meccanismo che doveva (e poteva) unire le persone, valorizzare le migliori intenzioni si è trasformato in una immensa palude di disprezzo, di divisione, di corruzione intellettuale. Una roboante macchina universale messa a disposizione della faziosità.

sabato 12 maggio 2018

Mother of my heart

Era uno di quei giorni di treno. Quei giorni che ci avvicinavano e ci allontanavano,  ci stringevano e dividevano. Quei di giorni di baci e di lacrime,  di saluti e groppi in gola.
Mentre il treno partiva lentamente i tuoi occhi si rimpicciolivano dietro il finestrino e io mi chiedevo : che mamma sarà? Non so quanti uomini siano cosi banali e patetici e languidi da chiedersi dopo 10 appuntamenti che mamma sarà la ragazza con cui stanno uscendo. Io lo sono,  banalmente patetico,  languido integralista del sentimentalismo. In fondo con te non ci sono mai "uscito",  ti ho solo amato.  Sempre e solo amato. Quindi è normale che al 10° giorno di treno mi sia chiesto che mamma saresti stata.
Sei esattamente la mamma che immaginavo quel giorno, con il cuore che scoppiava per l'ennesima partenza e la certezza di saperti vicina per sempre.  Destinale.
Destinale tu, destinale Sophie, destinali i nostri scombussolati 8 maggio di questa vita calma e sconvolta, limpida e contorta.
Una goccia di miele/ riluce nel ventre/ celeste del cielo.

martedì 6 marzo 2018

Post-verità, post-cultura, post-buonsenso

Dunque ci siamo arrivati anche noi. Dopo Trump, dopo la Brexit, anche in Italia il populismo ha trionfato, con il suo carico di velleitarismo, di disamore per la complessità e l'analisi, la sua normalizzazione che in realtà è banalizzazione.
Il vero dato di queste elezioni è che, al di là di chi ha vinto o perso, o dei programmi, ha vinto la post-verità, hanno vinto i meme, gli slogan che solleticano gli istinti più nevrotici e deteriori, sconfiggendo una volta per tutte la dialettica forbita, le proposte complesse corredate da numeri e statistiche, le visioni a lungo termine corroborate da ragionamenti geopolitici articolati.
Siamo entrati anche con annuncio della Gazzetta Ufficiale nell'epoca della post-cultura, dove il sapere va messo obbligatoriamente (e democraticamente) in par condicio con il non sapere, e l'Università La Sapienza se la gioca quanto a prestigio con l'Università della Strada (Sigh!).
Politicamente sono le elezioni della sconfitta dell'egocentrismo devastante di Renzi, che con il suo ingresso nell'arena politica si è ammalato dei peggiori mali della real politik italiana, quei mali che all'inizio della sua carriera aveva promesso di spazzare via con la sua rottamazione.
Renzi ha rottamato invece da solo, con la sua pochezza strategica e la sua arroganza sconfinata, l'idea più che condivisibile di trasformare il Partito Democratico in un partito con connotati sempre più liberal-democratici, cosa riuscitagli in parte nella prima fase di governo ma poi soffocata dall'abbraccio con i vari Verdini, Alfano, Lorenzin, e residuati vari di opportunismo post-democristiano.
L'arretramento del blocco dirigenziale che ha garantito la stabilità e la governabilità in questo paese, sepolto dalle furiose bordate di un'opposizione demagogica e intellettualmente disonesta, ha dato spazio a coloro che hanno fatto della protesta modaiola, della massificazione del dissenso una bandiera vincente.
La democrazia dell'alternanza però garantisce a tutti libera espressione e possibilità di redenzione: occorre quindi sperare in un ravvedimento, in un'evoluzione di queste nuove classi dirigenti che chiamate a misurarsi con la soluzione dei problemi, con la preparazione di un DEF o di un meeting del G7 capiscano ciò che veramente richiede la gestione, l'amministrazione di un paese, ovvero poche urla, pochi slogan, e molto, molto studio. E soprattutto, occorrerà recuperare un concetto poco affascinante, un po' retrò e poco tranchant: il buonsenso.