sabato 12 gennaio 2013

Where are we now?

All' improvviso il Duca Bianco.
A 10 anni di distanza, in un silenzio che pareva eternizzato, eccolo nuovamente.
Il suo singolo, "where are we now?", è un romanzo da Premio Strega riassunto in 4' e 35" di melodia semplice, magnetica, inesorabile.

Una ballata struggente, che racconta all'anima di chi la sappia ascoltare scenari mitici del Rock novecentesco, il periodo in cui Bowie a Berlino ha dato alla luce alcuni dei più grandi e influenti capolavori.
Tempus fugit pare ricordare Bowie, ponendosi nel video che accompagna il singolo in un primo piano che mostra apertamente, orgogliosamente le rughe e la bellezza perduta, in una nostalgia così piacevole da rasserenare. 

"Where are we now?", oggi, nel 2013, sembra essere il richiamo all'umanità a fermarsi un attimo e riflettere su se stessa. Chi ascolta questo singolo non può esimersi da tracciare un proprio bilancio esistenziale, come fa lo stesso Bowie che in maniera sempre imprevista, sempre insperata sa accompagnare i suoi fans in un viaggio spazio-temporale senza limiti. L'uomo venuto dallo spazio naviga nel tempo come fosse il protagonista di un film fantascientifico degli anni '80, con le sue infinite maschere, i mille salti quantici tra immaginazione e realtà.
Nell'epoca della massificazione artistica, il suo è un regalo di compleanno (66 anni) fatto al mondo più che a se stesso, a ricordare che la bellezza dell'arte e della musica sono salvifiche, talvolta.
Santo è infatti colui che detiene il potere sublime di spezzare gli ingranaggi del quotidiano torpore, donando la gioia drammatica di ripercorrere storie che non si devono dimenticare: "20.000 persone con le dita incrociate a Böse Brücke" (il ponte che divideva le 2 Berlino) è immagine di una potenza scenica unica.

"As long as there's sun, as long as there's rain, as long as there's fire, as long as there's me, as long as there's you".

C’è la Old Wave. C’è la New Wave. E poi c’è David Bowie. (Cit.)

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