venerdì 30 agosto 2013

Tasse, giochi di potere e tiri mancini.

In pompa magna il governo ha annunciato l'abolizione dell'IMU, vero e proprio grido di battaglia del PDL che ha consentito alla coalizione di Silvio Berlusconi di recuperare, in "zona Cesarini", diversi punti percentuali alle elezioni di Febbraio.
I vari Alfano, Cicchitto, Lupi e Berlusconi stesso esultano scompostamente sbandierando questo risultato come una loro esclusiva vittoria, una promessa mantenuta: ne sono piacevolmente sorpresi tutti gli elettori di centrodestra, non avendo il loro vate quasi mai mantenuto le fantasmagoriche promesse fatte nelle numerose campagne elettorali cui ha partecipato.

Da un punto di vista puramente tattico però la questione va analizzata un po' meglio.
Detto che non si tratta di un' abolizione ma di una semplice sospensione, con successiva rimodulazione e ridenominazione (si chiamerà Service Tax), si tratta implicitamente dell'ammissione da parte del governo (e quindi del centrodestra alleato) che di una tassa che vada a coprire anche gli immobili, in Italia, non si può fare a meno.
Se il centrosinistra, acconsentendo ad un'operazione che va a toccare tutta la popolazione, ha di fatto rinunciato ad una difesa delle fasce sociali più deboli, tradendo quindi il proprio corpo elettorale maggioritario, con questa concessione comunque mette nell'angolo il PDL per la questione giudiziaria di Berlusconi, in quanto adesso qualsiasi minaccia dovessero avanzare per l'esecutivo le varie pitonesse o i soliti Gasparri, Cicchitto Bondi ecc. lo farebbero unicamente per l'interesse di parte, e non per quello nazionale.
A quel punto il PD avrebbe gioco facile, in campagna elettorale, a presentarsi come unico vero partito di governo e di responsabilità presente in Italia, quale in effetti è pur con tutti gli innumerevoli, noti difetti.

L'abile manovra diplomatica di Letta sottolinea però, ancora una volta, l'anima tatticista, speculativa, democristiana dunque di questo governo e del suo premier, che predilige fino all'eccesso l'arma diplomatica a quella progettuale.
Nella sua più indiscutibile abilità consta quindi anche la più evidente debolezza di Letta e del suo entourage: la capacità di mediare e trovare soluzioni raggiungendo compromessi con lo storico avversario ha finito per nascondere, appannare la capacità/possibilità di proporre idee, programmi direttamente riconducibili al PD.
Per questo motivo, una volta finita l'esperienza di questo governo provvisorio, non potrà essere lo stesso presidente del consiglio a guidare una futura coalizione di centrosinistra, perché l'elettorato faticherebbe a riconoscere credibilità a proposte riformiste, originali, di rottura ad una dirigenza che si è cimentata in questi mesi in abbondanti dosi di conservazione e compromesso.

mercoledì 21 agosto 2013

Pensiero debole in bianco & nero.


Il razzismo é tipico dei deboli. Deboli perché di cultura debole, di orizzonti limitati, di sentimenti dozzinali (paura, aviditá).
É un pensiero debole perchè fermo ad un mondo sempliciotto in bianco e nero, quando il mondo, in realtà, è ed è sempre stato un esplosione di colori, una complessa giungla di sfumature tendenti all'infinto.


Il mondo dei forti peró, quello che si poggia sull'altruismo, l'immaginazione, la bellezza, e non ultima la saggezza, non li emarginerá.
Loro avranno sempre un megafono, un microfono, un fondo su un giornaletto di partito. Avremo cura anche di loro, garantiremo le loro impure libertá e le loro autarchiche limitatezze.
Perché sono deboli e li proteggeremo. E perché i bimbi, per crescere, hanno soprattutto bisogno di esempi.
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A tal proposito, per chi volesse approfondire, consiglio un libro molto interessante ed educativo sull'argomento, scritto non da un filosofo o da uno storico, ma da un ex calciatore che da sempre si è battuto per i diritti sul tema: Lilian Thuram, "Le mie stelle nere da Lucy a Barack Obama", ADD editore.

martedì 20 agosto 2013

Bocciare Boccia

Il 19 agosto il deputato di area "lettiana" Francesco Boccia ha presentato ai colleghi di partito del PD e all'opinione pubblica una sua mozione precongressuale, dal titolo "Italia Riformista".
Si è trattato di una mozione tanto dura quanto poco credibile, in quanto è parso evidente, goffo e artificioso il tentativo di avvicinare Renzi sul piano della critica generazionale e della rottamazione della vecchia classe dirigente. Quando però la critica proviene da un deputato che ha appoggiato in maniera supina e silente qualsiasi decisione delle precedenti dirigenze, è chiaro che la base elettorale di quel partito ha e avrà difficoltà a digerire tanta ipocrisia.
Il presidente del consiglio Enrico Letta ha infatti, intelligentemente, preso le distanze dal documento, per non perdere il temporaneo status da uomo super-partes.
 
Quello che stupisce è, per l'ennesima volta, la sfrontatezza, la totale assenza di senso del pudore di certe figure interne al PD incapaci di umiltà, equilibrio, senso (auto)critico: come può Boccia ergersi improvvisamente a steriminatore delle vecchie oligarchie?
Il buon Francesco, al quale non rimproveriamo certo il matrimonio con il ministro Pdl Nunzia di Girolamo, ha vissuto un lungo matrimonio elettorale niente di meno che con Massimo D'Alema, che grazie ad una delle sue felicissime intuizioni vincenti lo impose come candidato del centrosinistra alle elezioni regionali in Puglia, dove fu sonoramente sconfitto da Nichi Vendola.
Il giovane virgulto post-democristiano poi, che passa per essere personalità con forti connotazioni tecniche, interviene spesso con le sue affilate armi dialettiche nelle confronto pubblico su temi di politica economica. Ne è un esempio il  recente dibattito sull'acquisto degli F35, quando, per motivare la sua scelta filo-governativa e conservatrice (altro che "riformista") ha dichiarato su twitter che questi velivoli "spengono incendi, trasportano malati” come fossero elicotteri della protezione civile. Incredibile.
 

Boccia fa parte di quella zona d'ombra del PD, fatta di giovani vecchi e vecchi giovani, tutta volta al mantenimento della propria posizione privilegiata, ottenuta nel tempo grazie a posizionamenti tattici e mai per meriti, siano questi meriti di tipo amministrativo, di contributi di pensiero o di ampio consenso elettorale. Questa parte del PD, che presumibilmente è anche quella che dal giorno dopo le elezioni ha iniziato ad immaginare l'approdo comodo e proficuo delle Larghe Intese, è quella che, presumibilmente, ha pugnalato Prodi nel segreto dell'urna elettiva del Presidente della Repubblica.
 
Da sempre disponibile al compromesso al ribasso, questa ala ultra-conservatrice è sempre andata d'accordo con l'altra ala ultra-conservatrice presente nel PD, quella dei diessini dalemiani (della quale Bersani era espressione). Un connubio che, ad esempio, ha bloccato sul nascere la crescente aggregazione trasversale sul tema del superamento del porcellum promossa dal deputato ex radicale Roberto Giachetti, tanto per capirsi: mossa che avrebbe permesso di andare a votare in qualsiasi momento ed invece, adesso, c'è l'alibi del Porcellum (che il PDL non vuole cambiare) con il quale non si può votare e che quindi tiene tutto sospeso a tempo indeterminato.
Risultano pertanto inopportune, incoerenti e dunque fuori luogo anche le critiche aspre alla sinistra del partito presenti nel documento.
 
Nel frattempo, si cerca in ogni modo di preparare il terreno ad un'alleanza che possa contrastare le forze giovani e realmente riformatrici del partito: Renzi, Civati, Serracchiani, ecc.
Si preparano mozioni vuote, di critica fine e se stessa, senza contenuti, senza avere ancora idea di chi possa essere il "front-man" di tale fazione. In quest'ottica si inserisce il documento di Boccia, che al di là dei facili giochi di parole, è da bocciare in toto.
 


mercoledì 7 agosto 2013

La lepre e i suoi fratelli

Arto Paasilinna è uno scrittore finlandese, tra i più famosi e seguiti autori scandinavi contemporanei.
Come molti tra i più influenti letterati provenienti dal Nord (Hamsun in primis e come capostipite, ovviamente) pone al centro della sua narrazione la natura in tutte le sue sfaccettature: le bellezze, i pericoli, le emozioni che l'uomo ne ricava al contatto.

Il suo libro più conosciuto è "L'anno della lepre", uscito nel 1975 ed edito in Italia dalla meritoria casa editrice Iperborea nel 1994, ed ha ottenuto un grande successo editoriale anche in Italia (oltre 70.000 copie vendute).

"Sull'automobile viaggiavano due uomini depressi. [...] Lungo la strada sterrata il paesaggio finlandese scorreva sotto il loro sguardo stanco, ma nessuno dei due prestava la minima attenzione alla bellezza della sera".

L'incipit del libro è un' ouverture di cinismo e apatia in cui i protagonisti sembrano non cogliere quello che è invece il senso profondo di quasi tutta la produzione letteraria finnica: un rapporto fecondo con la natura che detta e fa da sfondo ai ritmi intermittenti della vita. 
Poi però il viaggio on the road del protagonista, in compagnia della sua lepre adottiva e in fuga dai conformismi sociali, si trasforma e va a rappresentare con successo la necessità di libertà autentica che alberga in ogni uomo, più o meno repressa. Sovvertendo l'aforisma nicciano ("libero da che cosa? che importa a Zarathustra? ma il tuo occhio deve limpidamente annunciarmi: libero per che cosa?"), quello di Paasilinna è un "Liberi Da" senza compromessi, senza ripensamenti.
Il plot, e la lettura stessa, divengono quindi un vero e proprio viaggio, un karma purificatore che segue di pari passo la trasformazione dell'ex giornalista Vatanen da schiavo delle convenzioni sociali ad autentico avventuriero.

Come in ogni libro di Paasilinna non manca poi un'abbondante dose di ironia, protagonista in situazioni talvolta al limite del surreale. Si tratta di un trait d'union di tutta la sua produzione, che quasi sempre prende spunto da collocazioni sceniche border-line per poi dispiegarsi in una narrazione in continua oscillazione tra il sarcasmo e l'intimismo più profondo. Basti pensare alla paradossale trama di "Piccoli suicidi tra amici" (un'associazone di aspiranti suicidi, la Libera Associazione Morituri Anonimi) o al personaggio mistico e strampalato di Linnea Lindemann, la levatrice/pescatrice/sciamana protagonista di "Sangue caldo, nervi d'acciaio".

Il vissuto multilevel, multitasking di Paasilinna (guardiaboschi, giornalista, poeta, scrittore) emerge chiaramente ne "L'anno della lepre" come in quasi tutti gli altri suoi testi, ed è forse questa la piccola meraviglia che accende la sua scrittura: la capacità di entrare ed uscire, con leggerezza e tempi perfetti, dalla realtà, il saperla ora vivere ora giudicare/raccontare in maniera ironica e al contempo profonda, accompagnando la lettura di scoperta in scoperta, di paesaggio in paesaggio, senza mai scadere nella banalità o nella ripetitività.

Buona lettura.

sabato 3 agosto 2013

All'arme!

Attenzione attenzione!
Mentre i più ingenui paiono essere affaccendati nella preparazione di un semplice, misero, piuttosto rattrappito periodo di ferie agostane, ci sono uomini dallo spessore IMMENSO che ci avvisano che qualcosa di enorme sta per accadere.

Sì, lo so, ora che sto per parlare di Guerra Civile e di Sandro Bondi insieme, tutti penseranno al solito pezzo sarcastico ai limite del surreale.

Eppure, eccola qua l'arcigna dichiarazione:

Sì, Sandro Bondi. Nato fisicamente a Fivizzano e politicamente nel Partito Comunista Italiano, noto agli amici post-rivoluzionari del tempo con il nome di battaglia "Ravanello" (rosso fuori bianco dentro), oltre ad una sfavillante carriera dirigenziale prima nel PCI e poi in Forza Italia-PDL, si è distinto nel tempo come alacre difensore dei secolari beni culturali italiani (a parte un paio di crolli) ma anche come sommo poeta del berlusconismo.
Le malelingue sono solite, schiave della propria invidia, additarlo come un meschino adulatore, non cogliendo che l'opera omnia di questo vate e del suo editore, Vanity Fair, sono in tutto e per tutto paragonabili a rapporti fecondi del passato aulico della nostra letteratura come quello tra Ardengo Soffici e Lacerba o tra Vittorini e "Il Menabò".

Oggi però il sandrino nazionale dismette i panni dell'uomo di cultura, del vate contemporaneo per dare fiato e voce all'indignazione, alla voglia di sovvertire questa società putrida in cui affiora, come malerba, un'ingiustizia intollerabile da estirpare per tutte le anime belle come lui: la condanna a Berlusconi.
Giammai potrà colui che lasciò ai posteri versi come quelli che riporteremo di seguito accettare una limitazione della libertà quale quella che si prefigura nei confronti del più buono tra i buoni, il più santo tra i santi, lo si sappia.
Dunque, il bonario comunista-per-errore, il Don Abbondio divenuto Manzoni, si accinge oggi a dichiarare la GUERRA CIVILE.
Ebbene sì: dalla sua bocca sono giunte parole infuocate degne del più ardito Marinetti, del più audace D'Annunzio. Ha chiamato a raccolta l'Esercito di Silvio e ha giurato assoluta eversione: dimissioni di massa dei parlamentari, sit-in azzurri, occupazioni di massa delle piazze con migliaia di pensionati in gita.

Poi la moglie lo ha chiamato a tavola che c'era pronta la Carsenta e tutto è rientrato.

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Ecco, come promesso, alcune perle del Maestro/Poeta/Guerriero-per-un-giorno:

A Giuliano Ferrara

Antro d’amore Rombo di luce Parole del sottosuolo Fiume di lava Ancora di salvezza

A Barack Obama

Impronta ancestrale Fuoco purificatore Cammino spirituale Perla nera

Alla segretaria del Cavaliere, Marinella

Muto segreto inconfessata attesa desiderata armonia inavvertita fortezza sospirata carezza d’amore

A Marcello Dell’Utri

Velata verità Segreto stupore Sguardo leggero Insondabili orizzonti

A Rosa Bossi in Berlusconi

Mani dello spirito Anima trasfusa. Abbraccio d’amore Madre di Dio