lunedì 25 febbraio 2013

Non è un paese di sinistra.

L' analisi di questo voto, per la quantità e varietà di temi che propone, richiederebbe spazi non adeguati ad un blog. Sono identificabili però alcuni concetti base di maggiore rilevanza rispetto ad altri.


1) Un paese destrorso.
Sarebbe utile per tutti, una volta per sempre, convenire che l'Italia è un paese tendenzialmente di destra, nel quale un partito o una coalizione definibile tout court di sinistra non ha mai vinto pienamente ed autonomamente. Si è liberi di presentarsi, e di votare, inseguendo i propri ideali, non scendere a compromessi, e tutte queste belle cose. Se però si vuole cambiare qualcosa, incidere nella vita reale dei cittadini, occorre vincere, e per vincere è vietato identificarsi troppo a sinistra.
2) Nonpervenuta sinistra.
Quanto sopra è rafforzato e dimostrato dal risultato elettorale della sinistra post-comunista: addirittura sotto il 6%! Vendola ha perso consenso ovunque non riuscendo a tenere neppure in Puglia, Rivoluzione Civile, nel quale sono confluiti Rifondazione comunista e altri partitini post-comunisti, ha ottenuto, anche in regioni tattiche come la Sicilia un risultato miserrimo.
3) I giudici devono fare i giudici.
La costante commistione tra giustizia e politica, con la discesa in campo di noti magistrati, ha finito per fornire argomenti a Berlusconi nell'indicare la magistratura come di parte e quindi annacquare l'incidenza delle sue pendenze legali. Il risultato del partito giustizialista, incarnato da Ingroia, Di Pietro e De Magistris, è enormemente deludente.
4) Centro di gravità decadente.
Fini e Casini si erano proposti come nuovo centro, elevandosi a stampelle elettorali dell'ex premier Monti. Ebbene, i due si sono letteralmente autorottamati, ottenendo risultati infimi per quanto riguarda Casini, mentre per Fini siamo all'estinzione vera e propria. A loro si era aggiunto l'illuminato Luca Cordero di Montezemolo, la cui capacità di incidere nel paese, nonostante i toni da paladino del cambiamento che si era auto-conferito, sono a dir poco imbarazzanti. Quanto a Monti, la sua discesa (negli inferi della politica, altro che "salita"!) è stato un errore di valutazione, dovuto al coraggio di non voler campare di rendita. A Lui non imputiamo niente se non il fatto di non essere in alcun modo tagliato per la competizione elettorale, e di essere un mero  e freddo economista/tecnico che può soltanto limitarsi a fare quel tipo di lavoro.
In sostanza, dalle urne esce una sentenza piuttosto chiaro: il Centro non esiste più.
5) Il Partito di Tafazzi.
La sindrome di Tafazzi definisce fin dalla sua nascita il PD. Le scelte sbagliate si sono susseguite negli anni. La chiusura a riccio del partito nei confronti dell'elettorato che non sia tradizionalmente il proprio è la vera causa della debacle di questa tornata elettorale. Trattasi di debacle in quanto a seguito delle primarie il PD aveva raggiunto un vantaggio elettorale straordinario, dilapidato in una campagna elettorale del tutto nefasta: ammicchi continui a Monti con Vendola sempre pronto a contestarlo, facendo tornare alla memoria di tutti lo spettro del governo Prodi; presenza televisiva di scarso impatto; poche idee e progetti presentati con ancora minor verve e convinzione.
Il patrimonio di fiducia ottenuto con le primarie è stato gettato al vento avendo deciso di puntare tutto sulla linea programmatica dei cosiddetti "Giovani Turchi" (Fassina, Orfini, ecc.): posizione del tutto minoritaria nel paese. Inoltre, sia la questione Monte dei Paschi, sia il ritorno di Berlusconi che l'avanzata di Grillo non sono state fronteggiate adeguatamente per un solo ed unico motivo: una classe dirigente, e soprattutto un segretario, identificato dal paese come facente parte della vecchia partitocrazia. Inutile negare che un candidato giovane e non identificabile nella vecchia nomenclatura avrebbe avuto vita molto più facile nel contrapporsi ed anzi sfruttare a proprio vantaggio queste questioni.

E adesso?
L'Italia ha una sola possibilità per uscire dal pantano: un breve governo tecnico che gestisca l'ordinaria amministrazione e sia in grado di imporre una nuova legge elettorale per andare nuovamente al voto con schieramenti rinnovati. Altre strade non ce ne sono.

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