sabato 2 marzo 2013

Cerchiobottismi cronici.

Adesso è chiaro: il moderatismo non paga più. Morto, sepolto sotto urne (funerarie) che hanno conclamato al mondo che adesso, in Italia, l'estremismo è mainstream.
Non parliamo di estremismo ideologico, no, quello non è solo defunto, è stato già perfino consumato dai vermi autoprodotti da una partitocrazia che ha fatto harakiri non riuscendo a limitare la propria avidità.
Adesso è il linguaggio, la comunicazione che più è estrema, volgare, gretta tanto più ottiene risultati.
Promesse tanto mirabolanti quanto surreali, insulti, turpiloqui da curva calcistica, tutto ciò è stato premiato da un certo settore del corpo elettorale, inutile negarlo.
Una campagna elettorale come quella condotta dal PD, sottovoce, senza alcuno slancio, ha ottenuto conseguentemente un risultato catastrofico: far passare l'idea di essere il più moderato dei partiti, per certi aspetti il più conservatore, nonostante a partire dalle primarie tanti sostanziali passi avanti fossero stati fatti nel rinnovamento della propria classe dirigente.
L' idea che è stata recepita dall'elettore medio è che il PD fosse il partito del compromesso, in cui si sono fatte primarie per scegliere i candidati, ma poi sono stati lasciati posti sicuri per vecchi personaggi (Bindi, ad es.) senza alcuna credibilità nel paese. Politiche del lavoro elaborate dai "Giovani Turchi", in vaga sintonia con Vendola o Damiano sul tema, ma poi ammiccamenti continui a Monti, che ha idee diametralmente opposte.
La via di mezzo non paga più, il cerchiobottismo è ormai tradotto come il tentativo di mantenere lo status quo senza prendere una strada ben definita verso profonde riforme delle istituzioni.
L'eredità democristiana dell'equidistanza va rifiutata, allontanata, se si vuole sopravvivere nei meandri della politica 2.0. I partiti devono avere una loro fisionomia precisa, unilaterale e possibilmente maggioritaria, nonché affidarsi a leader carismatici in grado di conquistare empaticamente le fette di elettorato (che sono la maggioranza tra l'altro) meno disposte all'elaborazione concettuale.

Piccolo appunto per le prossime elezioni (non così lontane probabilmente): se il paese vuole premiare chi comunica in maniera urlata concetti semplici e aggressivi, ebbene, lo si faccia. Delle sconfitte o finte vittorie in bello stile non sappiamo più cosa farcene: la crisi è gravissima, per una volta si metta da parte lo snobismo intellettuale e si provi a vincere, per poter poi mettere mano alle reali esigenze di una nazione il cui declino pare al momento inarrestabile.

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