Si è conclusa ieri pomeriggio l'assemblea nazionale del PD, durante la quale è stato eletto con maggioranza dell'85% il segretario pro-tempore Guglielmo Epifani. Nessuno ricorda già, a distanza di 24 ore, cosa abbia detto, promesso, spiegato. Le sue parole sono già state risucchiate dal Nulla Eterno.
Di ieri ricorderemo invece l'intervento di Matteo Renzi, un intervento ad ampio respiro, carico, vero, pieno di vita politica vissuta.
In questi giorni in cui tutti parlano della necessità di pacificazione, ritengo che l'attuale sindaco di Firenze sia l'unico in grado di realizzare questa necessità italiana, in tre diversi ambiti.
1) Pacificazione all'interno del Partito Democratico.
Dopo lo scontro l'incontro. Conclusosi nel peggiore dei modi il fantomatico tentativo di Bersani di realizzare un "governo di cambiamento", oggi molti prendono atto che l'unica vera possibilità di tradurre in pratica l'idea di un rinnovamento passa attraverso nuove elezioni e una nuova leadership, quella di Renzi. Ex Dalemiani, Giovani Turchi, perfino ex bersaniani (il capogruppo Speranza) hanno dichiarato che questa è l'unica reale possibilità per il PD. Il correntismo esasperato non porterà a niente, se c'è una possibilità di tradurre in provvedimenti di legge le idee forti della varie correnti è quella di provare a vincere. E per vincere ci vuole un leader che sappia attrarre voti esterni a quelli tradizionalmente di centrosinistra. Altrimenti, come ha dichiarato appunto Renzi togliendosi qualche sassolino dalle scarpe, per aver rifiutato di voti di destra ci si ritrova con i ministri di destra...
2) Pacificazione tra appartenenze post-ideologiche in guerra da 20 anni.
L'anomalia berlusconiana ha tenuto il paese in ostaggio per lungo tempo. Non si è fatto dibattito politico sui temi, sui programmi, ma sempre e soltanto pro o contro Berlusconi. Questa diatriba costante, ineluttabile ce la siamo trascinata fino allo sfinimento anche su temi fondamentali, come la giustizia. I tribunali italiani non funzionano, sono lenti, i tre gradi di giudizio sono troppi, la burocrazia è avvilente e le risorse sono ridotte al minimo. Non solo, nella Giustizia italiana la parola tecnologia risulta Non Pervenuta. L'assenza di informatizzazione causa spese abnormi, personale in eccesso, tempi inaffrontabili per una qualunque pratica.
Eppure, quando si parla di giustizia in un dibattito pubblico di cosa si parla? Delle questioni personali dell'ex presidente del consiglio contro questo o quel magistrato di parte.
Si è cercato, per la necessità di Berlusconi di essere salvaguardato, una pacificazione tra centrodestra e centrosinistra, ma un accordo spartitorio di basso livello come quello messo in piedi da Letta non può essere la soluzione, non può reggere.
La soluzione sta in un confronto tra avversari leali depurato dei personalismi, un confronto realmente democratico con posizioni diverse ma che si riconoscano reciproca legittimità.
A mio avviso, Matteo Renzi era l'uomo della vera pacificazione. Era, e sarà, il candidato del censtrosinistra in grado di vincere e governare cinque anni al quale il centrodestra non riconosce intenti persecutori, ma soltanto posizioni differenti.
3) Ius Soli. La pacificazione con gli italiani non nativi.
Anche su questo argomento Renzi può essere l'uomo della svolta. Mentre tutti gli esponenti, anche della sinistra più estrema, si perdevano in visioni autoreferenziali e posizionamenti tattici, Renzi ha apertamente dichiarato la sua posizione favorevole sull'argomento, dimostrandosi uomo in grado di portare a compimento idee di sinistra con S maiuscola. Dopo la legge Bossi-Fini abbiamo qualcosa da farci perdonare da coloro che sono venuti nel nostro paese in cerca do fortuna. Certo, dobbiamo regolamentare, in maniera democratica ma ferma, i flussi migratori, ma non possiamo ridurre qualsiasi problematica esistenziale a economia, come troppo spesso finiamo per fare. Un bimbo nato in Italia, che abbia frequentato le scuole italiane è e deve essere riconosciuto come italiano. Non ci sono se e non ci sono ma, lo dobbiamo alla sofferenza dei genitori, lo dobbiamo alla possibilità di reale integrazione dei bambini, e lo dobbiamo alla nostra memoria di popolo migrante.
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