domenica 23 dicembre 2012

Lettera a Mario

Le agende sono passate di moda, Mario. Non si regalano più.
Sono un retaggio cultural/promozionale dei vecchi direttori di banca che adesso sono vicini al pensionamento e che i giovani, nuovi direttori per rispetto hanno piazzato a curare piccoli portafogli clienti fatti di pensionati.
Adesso abbiamo Evernote sullo smartphone Mario per salvare le bozze dei nostri progetti, abbiamo dropbox dove salviamo i database clienti: ma tu non sai di cosa sto parlando.
La tua flemma, Mario, è ammirevole, quando sei risentito con qualcuno mi ricordi Zeman: spari sentenze trancianti che polverizzano in un microattimo tutta l'arroganza del tuo avversario di turno, e questo senza cambiare nè espressione nè tono.
Sai utilizzare le pause meglio di Celentano, sai dipingere di verità i tuoi disegni economici sulla realtà nazionale: quando indossi la maschera del super-professore, sembra che tu stia dettando i 10 comandamenti della finanza.
Eppure hai paura.
Sì, Mariolino, tu hai molta paura. Hai paura del popolo nonostante tu sia il Prescelto del Partito Popolare Europeo. Sei idiosincrasico alla democrazia e alle sue regole, ma non come Berlusconi, che vorrebbe manipolare la costituzione come fanno i bambini con il pongo, per creare tanti simpatici animaletti ossequiosi.
No, tu diffidi della democrazia perchè la temi, perchè la democrazia è come uno specchio nel quale a volte si ha paura di vedere la propria immagine modificata, sbeffeggiata, deformata. Sei come il pirandelliano Vitangelo Moscarda, sai che hai il difettuccio e non vuoi vederlo immortalato davanti a te.
Qual'è il difettuccio? semplice: sei freddo. Non sai ascoltare il popolo, tu hai i numeri per amministrarlo e vuoi farlo, ma hai paura dei giudizi. Non sai capire la tua gente, il tuo tempo. Non senti la disperazione dei giovani sulla tua pelle, non hai capacità di immedesimazione. Non lo fai per egoismo, è solo che quando ti hanno progettato si sono dimenticati di inserire nel tuo D.N.A. la voce Empatia.
E allora, caro Mario, seppur bravo, seppur onesto, seppur credibile, seppur competente, se vuoi essere uno statista vero devi passare dal voto, devi sporcarti le scarpe e sudare nella mischia.
Oppure, caro Mario, torna alle tue agendine del Monte dei Paschi, e lascia spazio, una volta per tutte, a quelli che usano Evernote, Twitter o Google Drive. Cioè, quelli che sanno ascoltare e comprendere il loro tempo.
Tu sei fuori tempo massimo.

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