"Che cos'è un nome? La rosa avrebbe lo stesso profumo anche se la chiamassimo in un altro modo."
Quando un'affermazione esce dalla bocca di Giulietta animata dal ventriloquo Shakespeare, non c'è da dubitare che sia vera.
Si tratta però di un principio che applicato alla Politica italiana invece qualche dubbio lo lascia.
Il Gigante e la Bambina, Crosetto & Meloni, lanciano un movimento politico denominato "Fratelli d'Italia": almeno non dovrebbero avere problemi nel selezionare l'inno del movimento.
Luca Cordero di Montezemolo tenta di traghettare in parlamento la sua ex fondazione "Italia Futura", rinominandola con l'apporto di qualche reduce della 2° repubblica in "Verso la 3° Repubblica", anche se non ci è dato sapere come il primatista mondiale di cariche nei consigli d'amministrazione vorrebbe che fosse questa nuova Repubblica.
Giannino ci prova con "Fermare il Declino", poi assisteremo forse alla nascita di una "Lista Monti", e a qualche altra invenzione sublime da qui a fine anno, nella quale non mancherà di essere protagonista la parola Libertà, presente in un numero allucinante di partiti: Diritti & Libertà (Donadi), Futuro e Libertà (Fini), Sinistra ecologia Libertà (Vendola).
Giannino ci prova con "Fermare il Declino", poi assisteremo forse alla nascita di una "Lista Monti", e a qualche altra invenzione sublime da qui a fine anno, nella quale non mancherà di essere protagonista la parola Libertà, presente in un numero allucinante di partiti: Diritti & Libertà (Donadi), Futuro e Libertà (Fini), Sinistra ecologia Libertà (Vendola).
Ora, io credo che battezzare dei movimenti politici con queste definizioni sia veramente il sintomo di una mancanza di fantasia imbarazzante.
La scelta di un nome per un partito, così come il logo, sono (o dovrebbero essere) l'estremo riassunto di un progetto politico, l'indicazione di una visione che non sia obbligatoriamente ideologica ma che almeno fornisca un'idea di massima all'elettore.
Come a suo tempo per "Forza Italia", la totale assenza di progettualità politica, di idee, il totale sconfinamento dell' elaborazione filosofica nel marketing dà luogo a risultati dove già alla base è evidente la volontà di cercare al consenso "a qualsiasi costo".
Non dichiarare nel nome e nel logo le proprie ispirazioni/aspirazioni dovrebbe già di per sé mettere in guardia da una volontà aggregatrice fine a se stessa, che cela, almeno, un' onestà intellettuale discutibile.
Dire da dove si viene e verso dove si vuole portare il paese è uno sforzo grafico che ogni aspirante dirigente politico dovrebbe fare, per rispetto nei confronti del corpo elettorale. La fine dei grandi partiti ideologici ha portato ad una destrutturazione della rappresentazione simbolica, però ci sono partiti come il PD o i Radicali che hanno ancora il coraggio di dichiararsi nonostante la loro evidente evoluzione nel tempo, altri che invece tendono a nascondersi dietro formule ad effetto.
Il marketing è croce e delizia della politica contemporanea: sfruttarlo per comunicare dei progetti è sacrosanto, utilizzarlo per saltare l'ostacolo dei contenuti è inaccettabile.
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