Ci sono canzoni, ci sono autori che al grande pubblico non arriveranno mai. Di più, sono del tutto avvolti da una nebbia che ne preclude la visibilità, la conoscibilità, la comprensione.
Un' ermeneutica impossibile.
Magari quei 4-5 accordi di chitarra acustica arrivano pure, un bel giro LA-FA-LA accattivante, ma poi senti parlare di "eyeliner per andare in guerra", ti senti paragonare a degli "aironi che abitano vicino al campo nomadi", e cade ogni riferimento.
Un' ermeneutica impossibile.
Magari quei 4-5 accordi di chitarra acustica arrivano pure, un bel giro LA-FA-LA accattivante, ma poi senti parlare di "eyeliner per andare in guerra", ti senti paragonare a degli "aironi che abitano vicino al campo nomadi", e cade ogni riferimento.
Citazionismo a cavallo tra il nostalgico e il sarcastico, per quella serenità popolare perduta e per quella stessa serenità popolare che si merita soltanto schiaffi, per quanto è deteriore.
Cantautore di una generazione smarrita, catastrofica nell'elaborazione di una benché minima prospettiva di futuro, Vasco Brondi è da considerarsi il poeta perfetto di questo tempo di crisi: crisi economica, di valori, di riferimenti, di strutture. La sua prosa è dunque una poesia derubricata; il suo è un amore tra disperati, come si conviene "ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici". Questa crisi di paradigmi ideologici, questo pessimismo liquido bagnano e aggrinziscono anche le più consolidate magnifiche sorti e progressive che albeggiavano nella terra natìa di Brondi, quell' Emilia ("paranoica") che pure fa risuonare ancora echi lontani dei tempi che furono ("partigiano portami via"). Ma, ahimè, ahilui, ahiloro, troppo lontani.
"Andremo ancora a letto vestiti, come ai tempi dei primi freddi e degli elenchi telefonici sui reni".
Di questo si tratta dunque: Vasco Brondi è il cantore della regressione, della decrescita, della generazione che per la prima volta è più povera di quella dei genitori. Il miracolo economico sempre sullo sfondo, sempre irrorato dai guru del marketing e delle Bibbie motivazionali ("proprio adesso che l'America è vicina") e che invece appare a questo famelico esercito di precari quanto di più irraggiungibile ("è come andare sulla luna in Fiat Uno").
Di questo si tratta dunque: Vasco Brondi è il cantore della regressione, della decrescita, della generazione che per la prima volta è più povera di quella dei genitori. Il miracolo economico sempre sullo sfondo, sempre irrorato dai guru del marketing e delle Bibbie motivazionali ("proprio adesso che l'America è vicina") e che invece appare a questo famelico esercito di precari quanto di più irraggiungibile ("è come andare sulla luna in Fiat Uno").
Una poetica compiuta dunque, un sound semplice ma in continua evoluzione. Un altro grande prodotto di quest' Italia che ha arte sin dentro le viscere, eppure la ignora, la disconosce, la insulta, in un ormai prossimo Fahrenheit 451.