lunedì 31 dicembre 2012

E Parlamentarie furono.

Ieri, 30 Dicembre, si sono svolte le prime primarie per i parlamentari organizzate da un un partito di massa italiano.
Occorre riconoscere al M5S e a Beppe Grillo di essere stati i primi ad organizzarle, con risultati non certo entusiasmanti, ma comunque i primi ad allargare in questa direzione  la partecipazione democratica sono stati loro.
Il risultato di circa 1 milione di elettori che si sono recati nei circoli e sedi del PD dà adito a interpretazioni non univoche.
Di positivo c'è una media dell'età dei vincitori più bassa delle previsioni, consentendo quindi a generazioni precedentemente non adeguatamente rappresentate di potersi fare promotrici di alcune istanze di rinnovamento che altrimenti non sarebbero state prese in considerazione.
Anche il numero di donne vincitrici nella propria circoscrizione, dalle prime stime, sembrerebbe essere piuttosto alto, ed anche questo è un dato importante perché non si tratta di una mera, pietistica concessione della dirigenza del partito, ma si tratta di donne che si sono esposte ed hanno vinto sul campo.
Altro aspetto di cui Bersani e i suoi possono andare fieri è l'organizzazione: riuscire in poco più di un mese a mettere in piedi questo evento, durante le feste natalizie e con una crisi economica che non dà tregua, è stata davvero un' impresa degna di nota.
A coloro, come Grillo, che criticano la mancanza di informazioni sui candidati (nella loro "parlamentarie" c'erano curricula audiovisivi a dire il vero piuttosto imbarazzanti) va fatto notare che l'elettore mediamente attivo si poteva informare con vari mezzi (sede del partito, giornali, internet) e giungere quindi autonomamente ad un giudizio, senza troppe difficoltà.
Il casus belli di queste primarie però non è propriamente edificante, anche per il PD: il mancato raggiungimento di un accordo per la riforma (anzi, lo stralcio!) del "Procellum" è da imputare, seppur con responsabilità più contenute, anche al partito di Bersani.
Questo però non è l'unico fattore negativo di questa iniziativa. 
Alcuni parlamentari di vecchio corso sono riusciti a sfangarla (vedi Bindi in Calabria): il processo di rinnovamento di una classe dirigente imputabile di molteplici errori non è quindi del tutto compiuto.
I candidati renziani, senza il supporto mediatico del loro portavoce, non hanno sfondato, complice un'affluenza più bassa che ha visto emergere il maggior peso del segretario. Questo allentamento dell'influenza del sindaco di Firenze, insieme alla chiara affermazione di candidati collocabili in un'area più Socialdemocratica che Liberale, può portare ad una dispersione inesorabile del consenso guadagnato al di fuori dei sostenitori tradizionali del partito, con la conseguenza di ridurre drasticamente la possibilità di una maggioranza parlamentare autonoma.

domenica 30 dicembre 2012

Giudici in politica


A sinistra del centrosinistra nascono germogli rivoluzionari. 
Tra Quarto Polo e Quarto Potere il passo è breve, meno breve è il percorso che a partire da Mani Pulite e il suo braccio armato, Antonio Di Pietro, ha portato la magistratura più militante ad avvicinarsi sempre di più alla politica.
Dopo Di Pietro e De Magistris, ecco dunque Ingroia e la sua Rivoluzione Civile.


La richiesta di etica, di giustizia, di pulizia è certamente crescente nel nostro paese, e dunque la presenza di istanze moralizzatrici in parlamento non può che giovare ad un paese che ha nel mancato rispetto della regole la più grande piaga socio-economica.
Tuttavia, a chi giova la costituzione di una formazione indipendente che si ponga come unico obiettivo quello della riscossa civile?
Un ennesima piccola formazione che vada ad erodere voti al centrosinistra e in parte al M5S, capace di raggiungere al massimo il 5-6%, può davvero ottenere dei risultati degni di nota?
Qualsiasi risultato sarà poi sempre e comunque annacquato dal rafforzamento del pregiudizio verso una magistratura non super-partes che da tempo vige in questo paese. Probabilmente saranno maggiori i danni che i vantaggi che questa scelta porterà alla magistratura, con rischi che sappiamo essere molto alti per chi questo mestiere lo fa con dedizione.
Più condivisibile è stata invece la scelta del Procuratore Grasso: il suo è un impegno contestualizzato in un progetto più ampio, quello del partito democratico, volto al governo del paese. Un suo possibile impiego come Ministro della Giustizia può, questo sì, avere effetti importanti, che possono riflettersi in riforme necessarie all'attuale, deprimente qualità dell' amministrazione giudiziaria italiana.

sabato 29 dicembre 2012

Tecnicismi

L'avventura politica di Monti inizia subito con una bella bugia.
Presentando pubblicamente l'organizzazione che l' "Agenda Monti per l'Italia" si è data per le prossime elezioni, Monti ha dichiarato che vi sarà una lista unica al senato mentre alla camera vi saranno liste separate. Riguardo a quest'ultima scelta, contraddittoria rispetto alla vocazione maggioritaria precedentemente segnalata, il presidente del consiglio ha dichiarato: "ho pensato che, proprio rifiutando il personalismo nella politica e rispettando le diverse entità, le diverse storie, fosse più opportuno e significativo" avere più liste. 
Garantire ai singoli partitini che lo appoggiano libertà di movimento è in realtà una questione tattica, la necessità di sfruttare al meglio i cavilli del "Porcellum". A Monti delle identità storico-politiche delle componenti che lo appoggiano non importa niente, anche perché queste identità sono alquanto discutibili.

  • Italia Futura, poi divenuta "Verso la 3° Repubblica", è una componente nuova senza nè storia nè programma se non quello di affidarsi ciecamente a Monti;
  • FLI, e il suo quasi-unico rappresentante (Fini) ha una storia totalmente altra da quella che per convenienza ha deciso di darsi adesso;
  • l'UDC ha una storia che si compone principalmente di spostamenti tattici a rimorchio del potente di turno.
Sono queste le " diverse entità, le diverse storie" verso cui Monti ha così alta sensibilità?

Quanto alla selezione dei candidati, sarà affidata ad Enrico Bondi, l' uomo della spending review.
Da apprezzare la volontà di pulizia e di evitare pericolosi conflitti d'interesse, ma ancora una volta notiamo un'assenza pesante come un macigno, trattandosi di politica:  su che basi Bondi può selezionare le IDEE dei candidati, la loro predisposizione verso particolari diritti, la passione civile, la dedizione ad una particolare causa?
Ancora una volta assistiamo ad una tecnicizzazione esasperata dell'esperienza politica che ne è, a dirla tutta, la negazione.
C'era una volta la Democrazia.


lunedì 24 dicembre 2012

The day after

Ieri Monti ha infine comunicato le sue decisioni.
Si mette a disposizione senza però misurarsi nel confronto democratico, in sostanza.
Detta un' agenda alle forze politiche che vorranno sostenerlo, fornendo loro, infine, un programma, dal momento che probabilmente anche lui si era accorto che queste forze un programma non lo avevano.
Il primo commento è: perchè ti allinei con dei partiti che
  1. non hanno un programma
  2. non hanno forza elettorale (max 10-15%, dicono i sondaggi)
  3. non hanno prospettiva (il ricambio generazionale è ai minimi sindacali)?
Per quanto concerne il programma, come spiega ampiamente e brillantemente Mantellini QUI, si tratta dell'ennesima triste prova della totale mancanza di "weltanschauung" di Monti e dei suoi (oltre ad essere una pessima figura da "tardivi digitali").
Infatti, buona parte dell'agenda è stata scritta da Ichino, tante altre parti sembrano un vero e proprio copia/incolla dalle idee di Matteo Renzi, e mancano totalmente dichiarazioni d'intenti riguardanti i diritti civili.
Siamo in presenza di una povertà di idee disarmante, e l'unico punto di forza su cui si insiste fino allo sfinimento dell'elettore/contribuente è quello del rigore.
Il giorno dopo, però, dobbiamo constatare che alcune correnti del centrosinistra moderato hanno gradito e certamente saranno tentate dall'appogio a questa "agenda" (tra l'altro il sito www.agenda-monti.it è di una bruttezza sconsolante). Contemporaneamente, l'occupazione abusiva del suolo televisivo di Berlusconi sta facendo riguadagnare qualche punto al PDL, mentre la recente costituzione del movimento arancione toglierà qualche punto percentuale (pochissimi a dire il vero) a tutti.
Questo significa che l'elettorato del PD verrà ulteriormente eroso, tanto da configurare una situazione di ingovernabilità ormai quasi accertata se non con alleanze dal sapore vecchio e stantio, che non potreranno certo quel cambiamento necessario di cui il paese ha, aveva, avrebbe bisogno.

domenica 23 dicembre 2012

Lettera a Mario

Le agende sono passate di moda, Mario. Non si regalano più.
Sono un retaggio cultural/promozionale dei vecchi direttori di banca che adesso sono vicini al pensionamento e che i giovani, nuovi direttori per rispetto hanno piazzato a curare piccoli portafogli clienti fatti di pensionati.
Adesso abbiamo Evernote sullo smartphone Mario per salvare le bozze dei nostri progetti, abbiamo dropbox dove salviamo i database clienti: ma tu non sai di cosa sto parlando.
La tua flemma, Mario, è ammirevole, quando sei risentito con qualcuno mi ricordi Zeman: spari sentenze trancianti che polverizzano in un microattimo tutta l'arroganza del tuo avversario di turno, e questo senza cambiare nè espressione nè tono.
Sai utilizzare le pause meglio di Celentano, sai dipingere di verità i tuoi disegni economici sulla realtà nazionale: quando indossi la maschera del super-professore, sembra che tu stia dettando i 10 comandamenti della finanza.
Eppure hai paura.
Sì, Mariolino, tu hai molta paura. Hai paura del popolo nonostante tu sia il Prescelto del Partito Popolare Europeo. Sei idiosincrasico alla democrazia e alle sue regole, ma non come Berlusconi, che vorrebbe manipolare la costituzione come fanno i bambini con il pongo, per creare tanti simpatici animaletti ossequiosi.
No, tu diffidi della democrazia perchè la temi, perchè la democrazia è come uno specchio nel quale a volte si ha paura di vedere la propria immagine modificata, sbeffeggiata, deformata. Sei come il pirandelliano Vitangelo Moscarda, sai che hai il difettuccio e non vuoi vederlo immortalato davanti a te.
Qual'è il difettuccio? semplice: sei freddo. Non sai ascoltare il popolo, tu hai i numeri per amministrarlo e vuoi farlo, ma hai paura dei giudizi. Non sai capire la tua gente, il tuo tempo. Non senti la disperazione dei giovani sulla tua pelle, non hai capacità di immedesimazione. Non lo fai per egoismo, è solo che quando ti hanno progettato si sono dimenticati di inserire nel tuo D.N.A. la voce Empatia.
E allora, caro Mario, seppur bravo, seppur onesto, seppur credibile, seppur competente, se vuoi essere uno statista vero devi passare dal voto, devi sporcarti le scarpe e sudare nella mischia.
Oppure, caro Mario, torna alle tue agendine del Monte dei Paschi, e lascia spazio, una volta per tutte, a quelli che usano Evernote, Twitter o Google Drive. Cioè, quelli che sanno ascoltare e comprendere il loro tempo.
Tu sei fuori tempo massimo.

giovedì 20 dicembre 2012

L'importanza di chiamarsi Lucacordero

"Che cos'è un nome? La rosa avrebbe lo stesso profumo anche se la chiamassimo in un altro modo."
Quando un'affermazione esce dalla bocca di Giulietta animata dal ventriloquo Shakespeare, non c'è da dubitare che sia vera.
Si tratta però di un principio che applicato alla Politica italiana invece qualche dubbio lo lascia.
Il Gigante e la Bambina, Crosetto & Meloni, lanciano un movimento politico denominato "Fratelli d'Italia": almeno non dovrebbero avere problemi nel selezionare l'inno del movimento.
Luca Cordero di Montezemolo tenta di traghettare in parlamento la sua ex fondazione "Italia Futura", rinominandola con l'apporto di qualche reduce della 2° repubblica in "Verso la 3° Repubblica", anche se non ci è dato sapere come il primatista mondiale di cariche nei consigli d'amministrazione vorrebbe che fosse questa nuova Repubblica.
Giannino ci prova con "Fermare il Declino", poi assisteremo forse alla nascita di una "Lista Monti", e a qualche altra invenzione sublime da qui a fine anno, nella quale non mancherà di essere protagonista la parola Libertà, presente in un numero allucinante di partiti: Diritti & Libertà (Donadi), Futuro e Libertà (Fini),  Sinistra ecologia Libertà (Vendola).
Ora, io credo che battezzare dei movimenti politici con queste definizioni sia veramente il sintomo di una mancanza di fantasia imbarazzante.
La scelta di un nome per un partito, così come il logo, sono (o dovrebbero essere) l'estremo riassunto di un progetto politico, l'indicazione di una visione che non sia obbligatoriamente ideologica ma che almeno fornisca un'idea di massima all'elettore.
Come a suo tempo per "Forza Italia", la totale assenza di progettualità politica, di idee, il totale sconfinamento dell' elaborazione filosofica nel marketing dà luogo a risultati dove già alla base è evidente la volontà di cercare al consenso "a qualsiasi costo".
Non dichiarare nel nome e nel logo le proprie ispirazioni/aspirazioni dovrebbe già di per sé mettere in guardia da una volontà aggregatrice fine a se stessa, che cela, almeno, un' onestà intellettuale discutibile.
Dire da dove si viene e verso dove si vuole portare il paese è uno sforzo grafico che ogni aspirante dirigente politico dovrebbe fare, per rispetto nei confronti del corpo elettorale. La fine dei grandi partiti ideologici ha portato ad una destrutturazione della rappresentazione simbolica, però ci sono partiti come il PD o i Radicali che hanno ancora il coraggio di dichiararsi nonostante la loro evidente evoluzione nel tempo, altri che invece tendono a nascondersi dietro formule ad effetto.
Il marketing è croce e delizia della politica contemporanea: sfruttarlo per comunicare dei progetti è sacrosanto, utilizzarlo per saltare l'ostacolo dei contenuti è inaccettabile.

domenica 16 dicembre 2012

Il programma: questo sconosciuto.

Durante le Primarie del Centro-Sinistra abbiamo assistito a più riprese a critiche rivolte a Matteo Renzi riguardanti il suo programma: chi lo definiva un copia-incolla, chi ne parlava in toni sprezzanti definendolo un insieme di frasi ad effetto, chi lo riteneva un bel compendio di marketing applicato alla politica.
Ebbene, a distanza di poche settimane le evoluzioni di fine-legislatura cementano con ancora maggiore forza l'idea che il futuro, per questo paese, sarà necessariamente migliore del presente, dal punto di vista dei contenuti. 
Dico questo perché a fronte di un programma certo criticabile ma certamente innovativo, lungimirante, concreto, partecipato come quello dei "rottamatori" del PD, ci troviamo di fronte ad un Centro e un Centro-Destra totalmente privi di qualsiasi idea di futuro, e di paese. Sbandano in cerca di alleanze improbabili, vivono aggrappandosi affannati alle calcolatrici inseguendo i sondaggi, senza avere una minima idea programmatica, senza avere alcuna "visione" da realizzare.
Finiscono così per affidarsi ad un uomo, Monti, di grande prestigio internazionale e di comprovata affidabilità, accettandone però la totale assenza di passione, di idee, di progetti.
I moderati italiani, che sono sempre e comunque maggioranza nel paese, si accontentano di regalare i propri consensi ad un (bravo) amministratore, che come tale non può che essere un conservatore. Dunque, ancora una volta la maggioranza del paese non coglie la necessità impellente di riforme, di cambiamento.
L'innovazione tecnologica, il ricambio generazionale, la sprovincializzazione: tutto questo ancora una volta sarà rimandato a una data da destinarsi, molto vicina probabilmente ma ancora incerta.
Non ci sono dubbi: è un paese per vecchi.

sabato 15 dicembre 2012

Il Valzer del Presidente

C'è una categoria in politica che non ha lo stesso peso che ha nella società, nello svolgersi dei normali rapporti umani: la falsità.
Nei luoghi di lavoro, come in quelli di ritrovo, i falsi e gli ipocriti sono considerati persone negative, dalle quali prendere le distanze.
In politica questo paradigma non vale. In Politica cambiare opinione continuamente a proprio vantaggio, in spregio a qualsiasi forma di coerenza e di rispetto del mandato elettorale è una routine.
Talvolta sono sorte dalla società civile richieste di abrogare la possibilità per un parlamentare di cambiare schieramento. Questo non sarebbe corretto, perché cambiare opinione è lecito.
Lasciarsi andare però ad una comunicazione ossessivamente cangiante, quindi menzognera, ad uso e consumo del proprio vantaggio personalistico invece è un comportamento che il legislatore è chiamato con forza a dover cambiare, perché è essenziale per una delle più importanti battaglie che il prossimo parlamento sarà chiamato a combattere: quella per il recupero della credibilità della Politica.

Il fil rouge che sembra caratterizzare questo imbarazzante fine-legislatura a mio avviso è proprio questa incredibile, naturalissima falsità che permea le dichiarazioni di importanti rappresentanti del centrodestra. Esponenti di primo piano sono passati nel giro di poche ore dal sostegno a Monti alla critica del suo operato per tornare infine agli apprezzamenti, sulla scia di una macarena delle posizioni del Capo che segue i ritmi latini imposti dalla colonna sonora della sua vita politica: i sondaggi.

mercoledì 12 dicembre 2012

La strada giusta

I retaggi ideologici sono duri a scomparire. Per questo tanti italiani continueranno a votare in base alla loro appartenenza economico-culturale.
Tuttavia, una discreta fetta di popolazione è riuscita col tempo ad emanciparsi da lacci e lacciuoli figli delle grandi filosofie politiche del '900, e oggi è in grado di guardare con maggiore libertà all'offerta politica.
Ecco, questa libertà oggi non può che esprimersi, oggettivamente, in apprezzamento per l'operato dell'unico partito tradizionale Italiano che conservi una sua dignità operativa: il PD.
L'ultima mossa di Bersani, quella di proporre delle primarie serie (non una pantomima riservata agli iscritti ad un sito) per la selezione dei parlamentari fanno comprendere come, pur in presenza di tanti difetti e di conservatorismi duri a morire, il PD abbia la volontà di procedere passo dopo passo verso una politica migliore.
L'elettore medio italiano è colmo di ira funesta nei confronti della classe dirigente, e questo è innegabile. Però se riusciamo a mettere da parte un attimo questa frustrazione e proviamo a guardare con distacco l'operato dei partiti, non possiamo non riconoscere un grande, enorme sforzo del PD nel provare a riportare dignità e passione alla politica (e in questo ha grandissimo, innegabile merito Matteo Renzi, inutile girarci attorno).
Riuscire a comprendere che la strada intrapresa da Bersani & Soci è quella giusta non deve obbligatoriamente prodursi in un voto, in una scelta elettorale. Quello che più conta è riconoscere la correttezza di un metodo, quello democratico-partecipativo, che poi potrà essere applicato su larga scala a formazioni di qualsiasi schieramento e provenienza. Il paese ha bisogno di regole, di responsabilizzazione e di partecipazione attiva: questo il PD lo ha capito. Intorno, c'è soltanto il deserto, ad oggi.

domenica 9 dicembre 2012

Un tranquillo weekend di paura

Questo verrà ricordato come il weekend in cui Monti e il suo Governo si sono dati una dolce morte anticipata.
Il presidente del consiglio è uomo di poche parole e molti fatti, anzi numeri. Il suo rigore sui conti è pari al suo rigore morale, ed è questo che alla lunga gli ha fatto guadagnare le antipatie del Partito dei Libertini nostrano. Il centrodestra italiano è oggi un rassemblement di opportunisti che non sopportano la rigidità di un premier del quale non è mai uscita alcuna informazione che non fosse strettamente legata alla sua sfera professionale. 
L'orizzonte politico del governo tecnico in realtà si era già abbuiato da alcuni mesi, perché un governo tecnico deve necessariamente porsi pochi, precisi punti programmatici raggiunti i quali deve lasciare spazio alla politica. Ci sono stati probabilmente errori di misura e un'incapacità di fornire nuove soluzioni per uscire dalla crisi, ma chi imputa la mancata crescita al governo tecnico non comprende che lo sguardo di un tecnico è incentrato sulla gestione del presente, non sul ripensamento del futuro.
Per questo ci dovrebbe essere la politica, una certa politica che però sarà soltanto parzialmente rappresentata nel prossimo parlamento, perché il mantenimento della legge elettorale garantirà ancora una volta posizioni di rilievo ad una tipologia di rappresentante politico la cui principale qualità non sarà quella di ottenere il favore dei cittadini, ma quella di ottenere il favore di chi seleziona la classe dirigente dall'interno dei partiti.

sabato 8 dicembre 2012

Confini

Ai confini della fine
tuonano ali di falene.

Tifogenetica.

Anche se poi negli anni è difficile mantenere le identità di squadra, ogni squadra ha comunque una sua genesi nella fantasia popolare e la conserva nel tempo, per quanto può.

La caratteristica del milan è quella di giocare in armonia ed eleganza. Il milan ha come prerogativa quella di essere una squadra abbastanza omogenea, di gente bella da vedere, signorile.
Sembrano tutti figli di Berlusconi (e magari lo sono davvero...); hanno il sangue blu e si piacciono tanto quanto piacciono.
I milanisti sembrano persone nate con la camicia, e quindi la camicia la sanno portare.

La caratteristica della J
uve è quella di essere una squadra di parvenù, di operai assatanati di sangue che conquistano il successo con la mazza, e che quindi la camicia non la sanno portare.
Sono quelli che hanno ottenuto il successo con ogni mezzo, e quindi anche quando vincono non hanno dignità, non piacciono, non sono belli né eleganti. Rimangono quelli che sono anche quando sono rivestiti.


L'inter invece è la squadra degli individualisti, dei senza meta, è la squadra romantica per eccellenza: ne fanno parte eroi erranti di ogni landa, vagabondi giramondo, fuoriclasse fuori di testa, giovani Werther del/nel pallone, meteore senza meta.

Ci si riconosce in una squadra
nella misura in cui ci si identifica con la proiezione fantastica che si ha di essa, a mio avviso.
Per questo tifo Inter, anche se perde, forse perchè perde, ma quando vince stravince senza ombre: come tutte le vittorie degli eterni perdenti, le sue vittorie sono inni rivoluzionari, sono stravolgimenti dello status quo, sono riscosse eroiche.
La vittoria dell'inter è la vittoria dell'uno contro tutti, per questo accade poco.
Le vittorie del milan sono l'affermazione della nobiltà, quelle della juve dei bagni di sangue.

mercoledì 5 dicembre 2012

Di tattica si muore...

...ma di strategia si vive.
La politica è prima di ogni altra cosa diplomazia, e ogni buona diplomazia ha alla sua base una strategia di fondo, un obiettivo a lungo termine da raggiungere.
Le ultime notizie danno il seguente quadro della situazione politica: 
  • A sinistra il PD ha giocato, bene, la sua partita durante le primarie e si attesta intorno ad un 32-33% del consenso, con una certa solidità e credibilità;
  • al centro l'UDC e FLI hanno giocato, male, la loro partita delegandosi a Montezemolo e a Monti, due presenze-non presenze poco apprezzate al momento dall'elettore medio, e si attesta sul 10% con outlook negativo;
  • a destra non è stata giocata alcuna partita (le primarie prima indette e poi non realizzate sono il più grande spot elettorale per la sinistra): il più grande disastro politico a cui abbiamo assistito dal dopoguerra. Berlusconi minaccia di ridiscendere in campo ed ecco che subito qualcuno abbocca all'amo (Bersani): parlarne, confrontarcisi è di per sé sinonimo di errore, perché il Cavaliere, più che una persona, è considerato un "argomento" superato.
  • Fuori dagli schemi Grillo e il M5S tentano la carta della partecipazione allargata dal basso, una sorta di "La Corrida" di Corradiana memoria applicata alla politica. Il web può essere soluzione di molti problemi  in un paese burocraticamente arcaico come l'Italia, ma non di quello della rappresentanza.
Veniamo alle possibili strategie per avere un governo stabile.
L'unica forza politica che possa puntare alla maggioranza è il PD.
L'abbraccio con un centro composto da istanze vetero-cattoliche al limite del clericalismo (UDC), con un movimento come Italia civica incarnato da un Montezemolo che annovera ormai decine di scranni nei C.D.A. più disparati (e quindi considerato già "vecchio" dall'opinione pubblica) sarebbe deleterio all'immagine di rinnovamento all'interno delle istituzioni che il partito vuole darsi.
Dato che i posizionamenti tattici sulla legge elettorale non hanno prodotto che figuracce, l'unica strategia da adottare ad oggi è quella della selezione partecipata dei parlamentari.
Una competizione seria, territoriale, che annoveri candidati credibili, preparati (e non dilettanti) che attraverso un sistema il più possibile aperto permetta alla gente di esercitare il controllo e la responsabilità della selezione dei parlamentari permetterebbe al PD di guadagnare voti e credibilità nei confronti del M5S, il vero avversario del PD sul fronte più importante: quello del rinnovamento.
La Vocazione Maggioritaria del PD ha dunque ad oggi possibilità e strategie concrete:
- erosione di voti al centro con un'offerta di solidità, credibilità e moderazione;
- erosione di voti nell'elettorato "giustizialista" con una proposta di candidati di specchiata liceità e moralità pubblicamente riconosciuta;
- erosione di voti al M5S con "parlamentarie" serie, non confinate al web e che creino partecipazione appassionata come accaduto alle primarie;
- erosione di voti alla Lega con candidature di forte impatto locale e localistico, che prefigurino una possibile riforma costituzionale della rappresentanza parlamentare al senato da trasformare in "camera delle Regioni".
- preparazioni nel medio-lungo termine del ricambio generazionale e della guida del paese, una sorta di ticket Bersani-Renzi proiettato nell'arco di due legislature.

Di tattica si muore, di strategie si vive.


domenica 2 dicembre 2012

Vincere, e perderemo!

Vero: la discussione sulle regole delle Primarie del centrosinistra ha stancato.
Ci sono però alcuni aspetti che sono di vitale importanza anche in relazione alle prossime elezioni politiche, e su questi aspetti dovremmo riflettere.
La richiesta di giustificazione, e l'eccessiva ristrettezza dell'accesso al voto, finiranno per allontanare una interessante fetta di elettorato incerto dal centrosinistra.Un elettorato timidamente disponibile a spostarsi da destra a sinistra, quello delle casalinghe, delle mamme, dei agenti di commercio (gli elettori non sono tutti intellettuali militanti!) si è sentito respinto, giudicato, rifiutato. Ha sentito come, ancora una volta, ci siano organizzazioni politiche che mettono davanti se stesse e la propria sopravvivenza rispetto alle voglia di cambiare davvero (circostanza possibile solo con i voti e le maggioranze durature).

Per questo ritengo che chi ha stilato le regole e le linee guida di queste primarie, ovvero l'establishment del PD,  si sia assunto la responsabilità di NON poter formare un governo: ritengo che sia stato dilapidato con questa scelta tra il 5 e il 10% di un potenziale elettorato ancora indeciso, che molto probabilmente andrà a vantaggio del M5S.
In sostanza, con una maggiore apertura, una più palese volontà di accogliere il gradimento di un elettorato non tradizionalmente di centrosinistra si potevano tranquillamente recuperare in toto i voti dell' UDC (che pesa attualmente intorno al 4%), evitando così qualsiasi alleanza nefasta con quel partito.

Bersani, dunque, ha scelto di vincere le primarie e NON vincere le elezioni, perché vincere le elezioni con il 35%-40% dei voti è del tutto inutile.
VINCERE, e PERDEREMO!

sabato 1 dicembre 2012

Il cielo non lo sa

Il cielo non lo sa
che ci struggiamo più delle nuvole
in un azzurro interinale.

Scene da un ballottagio

Dopo molte riflessioni ho deciso che, dopo aver votato per Renzi al 1° turno delle primarie, non lo rivoterò al ballottaggio.
Rimango del tutto convinto che le istanze rinnovatrici, sia in termini politici che amministrativi, portate avanti dal sindaco di Firenze siano giuste e necessarie per questo paese.
Tuttavia, durante questi ultimi giorni sono emersi alcuni atteggiamenti da parte dello "sfidante" che mi hanno fatto riflettere.

  • In primis, la contestazione e la forzatura delle regole.
    Le regole stabilite per questa tornata hanno molti punti deboli, sono molto farraginose, evidenziano un approccio arcaico all'organizzazione di eventi pubblici. Lo stesso Presidente dei Garanti, Berlinguer, è un uomo lontanissimo dalla contemporaneità. C'è qualcuno che ritiene Berlinguer in grado di cogliere la sottile differenza tra mail bombing e spam?
    Eppure, le REGOLE sono un tema cardine in questo momento per la politica italiana, o almeno dovrebbero esserlo. La mancanza di rispetto delle regole, generalizzata ma ancor più evidente nel microcosmo dei dirigenti politici, è il principale motivo di discredito della Politica, è il campo fertile su cui ha potuto piantare i propri germogli il Movimento 5 Stelle. 
    Il raggiro delle regole "pro domo sua" è stato il leit-motiv del berlusconismo, ed è stato invece il motivo dell'iniziale fiducia-quasi-cieca per Monti, uomo di specchiata disciplina e correttezza.
    Renzi, criticando costantemente le regole, forzandole, finendo infine per dare l'impressione di volerle raggirare ha dato forza ai suoi detrattori che lo disegnano come un prodotto del berlusconismo, e questo non gli può essere perdonato.
    In un paese in cui il principale problema economico è l'evasione fiscale, chi si candida ad un ruolo così delicato non può neppure lontanamente dare l'impressione di non essere profondamente rispettoso di qualsiasi legge o regola in cui si imbatta, salvo poi, eventualmente, modificarla con il consenso democratico dei cittadini e del parlamento.

  • La seconda critica, decisiva, che muovo a Renzi, è quella della ricerca eccessiva, ossessiva di consenso.
    Ritengo che il marketing politico, la comunicazione debbano avere un ruolo sempre più centrale. Un buon presidente del consiglio è soprattutto un uomo in grado di spiegare adeguatamente le iniziative prese da un governo, per una questione sia di trasparenza che di condivisione con l'elettorato.
    Il consenso è anche uno dei peccati originali della sinistra italiana, che da sempre ha il gusto tafazziano del "perdere bene". Renzi è un vincente e in questi mesi di campagna elettorale ha già modificato profondamente la forma mentis dell'attivista medio italiano, spiegando a tutti che per poter agire, per poter migliorare le condizioni di vita degli italiani, apportare riforme, rinnovare la politica è necessario avere il consenso per farlo, altrimenti tutto rimane semplice pour-parler. 
    Anche qui però entra in scena un "tuttavia": Renzi sembra abusare di questa ricerca di consenso, producendo costantemente slogan preconfezionati che finiscono dare un'impressione di vacuità programmatica. L'aver incentrato la propria campagna per il ballottaggio su attacchi precostituiti all'avversario, su rilievi spesso demagogici sull'operato dei precedenti governi ci centro-sinistra hanno spostato il baricentro della campagna su toni più anti-politici che riformistici. Quella che prima era la principale arma in mano a Renzi, ovvero la capacità di saper riportare passione e dignità alla politica, adesso sta divenendo, per meri scopi tattici, una continua e distruttiva campagna di delegittimazione di tutta la politica, e questo non è ciò che ci si aspetta da chi dovrebbe guidare il paese per i prossimi 5 anni.
    Inoltre, è da rimarcare un altro aspetto: la ricerca del consenso non deve essere una faccenda da vivere in maniera personalistica, ma occorre presentare all'elettorato uno staff, une squadra vincente che dia garanzie in ogni settore dell' amministrazione pubblica. In questo momento Renzi non ha una squadra che garantisca ministri all'altezza, né ha una base parlamentare sufficientemente ampia da garantirgli un appoggio forte alle iniziative riformartici che vorrà intraprendere.
    Anche per questo dico che non è ancora arrivato il suo tempo.

  • Concludo quindi guardando al futuro.
    Matteo Renzi, per qualità, per capacità comunicative, per doti carismatiche, ma soprattutto per la visione costantemente proiettata sul futuro è l'uomo destinato nei prossimi anni a guidare questo paese. Per i suoi progetti di digitalizzazione dell'amministrazione pubblica e della lotta all'evasione fiscale, per la sua vocazione maggioritaria, ma soprattutto per la capacità di saper leggere il proprio tempo è l'uomo giusto al posto giusto. Il suo coraggio giovanilistico, la sua irriverenza salveranno questo paese dalla palude in cui grigi burocrati sinistrorsi e orde di opportunisti destrosi hanno gettato l'Italia. Questo accadrà però soltanto dopo una sonora, salvifica sconfitta. Accadrà dopo un bagno di umiltà in cui dovrà necessariamente purificarsi dopo questo ballottaggio, dopo il quale dovrà rituffarsi nel silenzio del lavoro per la propria città cominciando a costruire il futuro che lo/ci aspetta.

mercoledì 28 novembre 2012

Parenti serpenti

Ieri sera si è svolto il primo faccia a faccia televisivo tra i 2 candidati al ballottaggio delle Primarie del Centrosinistra.

Chiunque parteggi o abbia anche una lieve inclinazione per uno dei due avrà visto in quel candidato il vincitore della serata. 
Il problema è che da un punto di vista linguistico, comunicativo, di approccio alla cosa pubblica i due contendenti non sono paragonabili: sono due cose esattamente opposte e in antitesi. Quello che emerge è infatti più che un conflitto di contenuti un conflitto generazionale, uno scontro tra padre e figlio, o tra zio e nipote, come molti hanno sottolineato, e come spesso accade anche nelle famiglie pur con tutto l'affetto possibile generazioni diverse ragionano in maniere diverse.
A farla da padrone più che uno spirito dialogico è un istinto contrapposto: quello conservativo degli "anziani" e quello sovversivo dei giovani, e si tratta di una semplificazione "animale" che sopravanza qualsiasi programma o progetto di amministrazione del paese.

In questi confronti si cerca sempre un vincitore e uno sconfitto. Ebbene, ad emergere come vincitore assoluto, più che un candidato, è un concetto: quello del rinnovamento. Il merito di Renzi è quello di aver costretto a cambiare, ad evolversi, a ristrutturarsi l'intero PD, dandogli un impronta nuova, americana, moderna, ma soprattutto costringendolo a inseguirlo su alcuni temi come il finanziamento pubblico o il numero dei parlamentari. Senza questi confronti pubblici probabilmente il partito avrebbe tenuto in sordina  queste istanze fino a (far finta di) dimenticarle, come sempre. Questo adesso non è più possibile.

martedì 27 novembre 2012

Primo: Primarie!


La giornata del 25 Novembre è stata indubbiamente un grande momento di partecipazione democratica.
Ciò che qualifica e dà valore alle Primarie è questa partecipazione informata, attiva, documentata.
Le primarie rappresentano lo spirito con cui ogni tornata elettorale dovrebbe essere vissuta, con i suoi confronti accesi ma propositivi, scontri dialettici che scaturiscono in nuove idee, nuove soluzioni.

"Levatrici della storia" democratica, le Primarie spesso finiscono per rappresentare il vero momento di svolta per un paese: è successo con Obama nel 2008, potrebbe succedere oggi in Italia.
Tuttavia, le resistenze conservatrici e corporative in Italia sono talvolta più forti e influenti delle tanto contestate lobbies americane, che allora non riuscirono a frenare l'ascesa del neo-rieletto Presidente USA, mentre da noi con ogni probabilità riusciranno nell'intento di bloccare il cambiamento il cui portabandiera, Matteo Renzi, appare evidentemente contrastato da tutta la Nomenklatura del suo partito.
Il dato che fa scalpore infatti è che solo il 2-3% dei parlamentari eletti nelle fila del PD sostiene la sua candidatura, la quale invece riscuote almeno il 35,5 % dei consensi nel paese.

Proprio su questa distanza della classe dirigente dal paese reale deve far forza il sindaco di Firenze, ed in particolare su 3 punti specifici:
  1. la mai smentita possibilità di alleanza con l'UDC da parte del segretario Bersani;
  2. il sostegno mai venuto meno al governo Monti;
  3. l'incapacità di lettura e comprensione di questo tempo da parte della classe dirigente attuale.
1) Come dimostrano i sondaggi, partiti vecchi, stanchi, che vivono di mera tattica come l'UDC si avviano ad essere spazzati via dal parlamento. Non capire che l'elettorato non perdona neppure il dialogo con questi partiti significa non aver capito da dove proviene la marea montante dell' antipolitica, e quindi significa non essere in grado di riportarla entro ambiti istituzionali.
2) I meriti del governo Monti sono indubbi e riconosciuti da molti, ma si limitano ai primi 2-3 mesi di attività.
Un governo di tecnici come questo, oltre a riportare rigore e credibilità, non poteva fare molto, mancando del tutto di inventiva, si fantasia, di capacità si ascoltare e interpretare. Si tratta di un governo ottimi professori bravi ad applicare delle teorie, non a partorirne di nuove. Per uscire dalla recessione il paese ha bisogno di idee, di nuove soluzioni, di nuovi ambiti in cui investire come quello dell' IT o della digitalizzazione delle amministrazioni. Se non troviamo ambiti in cui i giovani possano esprimersi e crescere (come d esempio meritoriamente ha fatto Vendola in Puglia) non usciremo mai da questa stagnazione economica e sociale.
Il Pd di Bersani ha sostenuto e sostiene tuttora il Governo, condividendone tutte le scelte recessive
3) Quanto elencato sopra è un' ulteriore dimostrazione dell'incapacità di saper leggere il tempo e le situazioni da parte di una classe dirigente abituata alla sconfitta, ma sopratutto abituata a subire le situazioni, le evoluzioni della società e della politica. Renzi ha dimostrato di saper andare incontro all'umore del paese incanalandolo in proposte e soluzioni che riportino fiducia nelle istituzioni.
Ad esempio l'abolizione del a finanziamento pubblico, pur non essendo soluzione di nessun problema grave, permette di riportare un minimo di credibilità alla politica, ma anche questo la classe dirigente di Bersani, D'Alema, Bindi non lo ha recepito. 

Per tutto questo ritengo che Domenica prossima abbiamo a portata di mano una svolta epocale, non saperla cogliere sarebbe un peccato mortale.
 


domenica 11 novembre 2012

Società civile?

Dietro la formuletta magica della "società civile", luogo comune trito e ritrito divenuto ormai obbligatorio per chiunque decida di lanciare la propria candidatura a qualsiasi livello di amministrazione pubblica, si cela in realtà un enorme vuoto di personale politico.
Un vuoto che in primo luogo nasce dalla diffidenza ormai assurta a dogma nei confronti dei "politici di professione", considerati sostanzialmente dei parassiti da eliminare quanto prima.
In secondo luogo, e conseguenza del primo, il problema è dovuto alla velocità con cui nuove formazioni politiche, ad esempio il M5S o la Lista per Monti, si sono imposte sulla scena pubblica, non avendo il tempo di creare e formare una classe dirigente adeguata alle difficoltà che la gestione della Res Publica presenta.
Ci troviamo così di fronte a casi di dilettantismo come quello della formazione della giunta comunale a Parma, perché è ormai passata l'idea populista che "basta che siano nuovi vanno tutti bene".

Il rischio quindi è quello di passare da una classe dirigente consumata, rattrappita, ripiegata su se stessa per i troppi anni di (discutibile) servizio ad una classe dirigente incompetente, impreparata, e quindi in quanto tale manovrabile e fallace.

Questo paese come sempre rifugge dall'equilibrio, conseguenza di scelte ponderate e giudizi oculati che non ci appartengono. Siamo un paese con troppa pazienza che non si decide mai a cambiare, che poi un bel giorno, all'improvviso, si sveglia senza pazienza e decide di cambiare tutto, senza se senza ma e senza perché. Ci diamo in pasto al primo cantastorie carismatico che incontriamo mediaticamente e gli spalanchiamo le porte di un potere assoluto e senza freni. Così facendo, permettiamo al potente di turno (Monti e Berlusconi ne sono due esempi emblematici) di candidare personaggi senza esperienza, senza garanzia, e soprattutto senza idee, con l'unico scopo di poter poi manovrare liberamente queste espressioni della "società civile".

sabato 10 novembre 2012

la Vocazione Maggioritaria.

Si torna a parlare di Vocazione maggioritaria, concetto portante dell'avventura Veltroniana: idea tanto affascinante quanto perdente.
Tuttavia, non possiamo negare che anche gli ensemble di vario genere che abbiamo visto scorrere negli anni non siano stati in realtà così vincenti: il governo Prodi ucciso dai post-comunisti ne è l'esempio più forte nella memoria (sempre piuttosto corta) di elettori ed eletti.

Renzi nelle sue ultime dichiarazioni ha fatto capire di voler tornare a quella vocazione maggioritaria, per due motivi:

  1. Assenza di alleati.
    Nessuno al di fuori della schiera dei suoi sostenitori lo appoggia, nessun altro partito, nessun altro movimento. Il suo porsi come "rottamatore" gli ha fatto guadagnare solo antipatie e ostacoli.
  2. La vocazione "americana".
    Il suo obiettivo finale, la sua "visione" politica ha come modello esplicito quello americano. Oltre ad essere questo esempio tanto fresco quanto vincente, rappresenta una direzione che l'Italia ha bisogno di intraprendere per risolvere una volta per tutte l'annosa tragedia dell'ingovernabilità.
La vocazione americana, seppur profondamente criticabile per alcuni aspetti quali i costi enormi delle campagne elettorali e una personalizzazione/spettacolarizzazione eccessiva, ha tutti i connotati di una democrazia partecipativa autentica e funzionale, alla quale un paese in gravissimo deficit di coinvolgimento popolare come il nostro dovrebbe puntare senza troppi fronzoli.

giovedì 1 novembre 2012

Apologìa dell'astensione.


Devo ammetterlo, l'idea che le sorti della Sicilia siano state decise da una minoranza di elettori mi gratifica.
Mi gratifica profondamente l'utopia che le sorti di una regione, di un comune, di un paese siano decise da chi le ha a cuore, ritenendo quindi di recarsi doverosamente e orgogliosamente al seggio elettorale.
Tutti coloro che non hanno idee, o non le hanno chiare, stiano pure al mare o in montagna o davanti alla Tv.
Tutti coloro che si trincerano dietro un "no comment" perché effettivamente hanno poco da commentare se non criticare acriticamente la politica, rimangano pure al bar a giocare a scopone scientifico.
Tutti coloro che pensano di farsi beffa dei professionisti della politica non esercitando il diritto/dovere di essere "choosy", di selezionare e scegliere, hanno compreso ben poco delle dinamiche democratiche, per cui rimangano pure a pitturare i controinfissi o a bere un aperitivo al Lounge bar.
Sceglieremo noi anche per Voi, abbiate fede.


domenica 28 ottobre 2012

Il Boemo


Fuma.
Fuma e pensa, poi parla. Parla piano piano, quasi sottovoce, ma dice molto; quasi sembra che urli, da quanto è forte ciò che dice.
Il Boemo de Roma è uno cui i genitori non hanno spiegato il significato della parola compromesso, è uno che se a scuola avessero fatto il compito di diplomazia sarebbe stato retrocesso...ehm bocciato.
Lui non retrocede però, mai. Sempre avanti, nella tattica come nella dialettica; un po' meno in classifica, in certe annate.
Nella sua storia ha vinto tanto e perso altrettanto, il pareggio non gli piace, è per questo che attacca sempre, attacca senza pensare alle conseguenze di questo attaccare furibondo, diretto, inconsueto.
C'è chi ha capito come attacca, e allora lo prende d'infilata e lo punisce.

La tattica è metafora della vita, Zeman non gioca con il 4-3-3, lui VIVE di 4-3-3.
Ci ha spiegato negli anni che il calcio non è business, non è intrattenimento, è drammaturgia inscenata in un' arena colma di spettatori e telecamere. Zeman è Shakespeare per i lettori dei giornaletti pallonari, ai quali dispensa emozioni d'ogni genere: gioia, disperazione, amore, odio, rabbia, vendetta-giustizia-punizione.
Il proselita zemaniano tocca con un dito il cielo della sublimazione calcistica dopo l'ennesima verticalizzazione improvvisa, poi mangia la polvere per uno sciagurato contropiede all' 88° in cui la difesa a 2 viene bucata dal goffo centravanti di turno.
Zeman è martire e martirio per i suoi tifosi, capro espiatorio per i dirigenti, bersaglio facile facile per i tiratori di freccette della stampa.
Il più criticato dai businessmen incravattati prestati alle S.p.a. del pallone, il più incensato dai tifosi con barba ispida e la laurea in lettere.

Un giorno non allenerà più. Non lo vedremo più fumare piano, parlare piano, criticare forte, attaccare forte. Piano...forte, piano...forte. Il saliscendi finirà. Finiranno le verticalizzazioni e i fuorigioco a centrocampo.
Nel mondo del calcio ci sarà un po' più di noia.

Boulevard

L'alba s'accende
tra i lampioni del boulevard.
Nel silenzio di pensieri sorgenti
suona una brezza new jazz
che m' arrangia d'amour.
Piovo sguardi sugl'interstizi
delle piastrelle del boulevard;
nel rigagnolo scorre quieta
una finitezza ormai trascesa.

sabato 27 ottobre 2012

20 anni di condanne


Chi ha creduto, nel '93-'94, in un affrancamento dalla partitocrazia imperante dalla democristianità che ci ottundeva, non può essere condannato. La speranza non si condanna mai. Dobbiamo condannare, con tutta la forza che abbiamo, chi invece ha derubato qualsiasi speranza alle generazioni nascenti drogandole di donnine di plastica e finti salotti televisivi, a chi ha furtivamente sottratto al paese di Falcone e Borsellino l'idea che essere onesti sia un valore. Dobbiamo condannare chi ha spiegato a 20-30 milioni di spettatori-elettori che farsi i propri affari&interessi a discapito di tutti è una libertà sacrosanta che va difesa. 
Dobbiamo condannare tutti quei cortigiani, nani e ballerine che si sono resi complici del massacro di credibilità delle istituzioni, che hanno disonorato l'onorabilità dell'essere onorevoli o consiglieri fino a rendere la POLITICA stessa l'origine di tutti mali.

domenica 21 ottobre 2012

#primarie2012

I sondaggi dicono che un PD guidato da Bersani (con Sel e Psi), anche con un premio di maggioranza del 15% come da nuova legge elettorale, non ha la maggioranza parlamentare per governare. Un PD guidato da Renzi (che prenderebbe voti anche a destra) è molto più vicino alla quota minima indispensabile per fare un governo autonomo.
Due sono le considerazioni da fare.
1) Chi vota Bersani e/o Vendola, pur esprimendo un voto che denota una parziale discontinuità con l'agenda Monti, concretamente muove un passo verso un nuovo Governo Monti, perchè senza maggioranza forte non potrà non esserci un altro governo tecnico. 
2) Un partito autenticamente democratico dovrebbe essere inclusivo. Invece la dirigenza del PD, abituata alle sconfitte, preferisce ancora una volta un'onorevole sconfitta piuttosto che accettare pragmaticamente di aprirsi a nuovi elettori per poter poi puntare al governo del paese.
Vincerà Bersani, non ci sarà una maggioranza, ci sarà un nuovo governo tecnico, passeranno 3-4 anni, la destra troverà nuove soluzioni, e la sinistra ancora una volta avrà perso un'occasione.

Complimenti!